DSA e Università: cosa sapere per accedere e affrontare il percorso accademico

Per accedere ai servizi universitari, inclusi i test di ammissione, gli studenti e le studentesse con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) devono presentare una certificazione diagnostica:

  • Deve essere rilasciata dopo il compimento dei 18 anni (è valida per tutto il percorso universitario).
  • Se fatta prima dei 18 anni, deve essere aggiornata ogni 3 anni, salvo proroghe.
  • Deve rispettare i criteri della Consensus Conference del 2011, includere la dicitura esplicita del DSA, i codici nosografici e un profilo delle aree di forza e debolezza.

Sono valide le diagnosi effettuate da strutture del Servizio Sanitario Nazionale o da professionisti/enti accreditati dalle Regioni.

In alcune regioni invece, in assenza di centri diagnostici pubblici, sono accolte anche diagnosi di professionisti privati ma, prima di rivolgersi ad un privato, va chiesta conferma al servizio per la disabilità e i DSA dell’Ateneo dove ci si intende iscrivere.

La certificazione diagnostica dopo i 18 anni resterà valida per tutto il percorso universitario. Secondo le Linee guida della Cnudd 2024 (Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità), infatti, la diagnosi deve essere aggiornata dopo tre anni SOLO se è stata fatta prima della maggiore età:

Test di ingresso universitari

Durante i test di ammissione a corsi ad accesso programmato, è possibile usufruire di alcune misure di supporto, come previsto dal DM n. 583/2022:

  • 30% di tempo aggiuntivo
  • Strumenti compensativi, in caso di DSA grave, come: calcolatrice non scientifica, lettore umano, videoingranditore.
  • La diagnosi deve essere non più vecchia di 3 anni, se effettuata prima dei 18 anni.

Anche per altri test universitari (come i TOLC o test locali), si applicano generalmente gli stessi criteri: tempo aggiuntivo, strumenti compensativi, e valutazione delle esigenze specifiche.

Durante l’anno accademico

Gli studenti con DSA possono accedere a strumenti compensativi e misure dispensative, come indicato dalle  Linee Guida allegate al DL 5669/11 al punto 6,7 e dalle  Linee Guida CNUDD 2024 e dalla Consensus Conference 2011.

Strumenti compensativi possibili:

  • PC con correttore ortografico
  • Registratore digitale
  • Sintesi vocale
  • Testi digitali o accessibili
  • Tutor come lettore o supporto allo studio
  • Calcolatrice, formulari, mappe concettuali

Misure dispensative possibili:

  • Esami suddivisi in più prove
  • Preferenza per esami orali
  • Adattamento dei formati delle prove scritte
  • Tempo aggiuntivo fino al 30%
  • Valutazione dei contenuti piuttosto che della forma

È importante comunicare in anticipo le proprie esigenze al Servizio DSA/Disabilità dell’Ateneo, che può mediare con i docenti.

In pratica, si consiglia di parlare con i professori all’inizio del corso o almeno un mese prima dell’esame.

In molti atenei sono presenti tutor specializzati, che affiancano gli studenti nel percorso, aiutandoli nello studio, nell’uso degli strumenti compensativi e nella preparazione degli esami.

 

Altre informazioni sul sito AID

 

 

A fine anno scolastico arrivano le pagelle

E’ tempo di numeri, medie, giudizi.

Ma se fossero gli studenti – bambini o adolescenti – a dare i voti?
Cosa valuterebbero davvero?
  • Al/alla prof che li ha capiti, anche nei giorni no: 10 e lode 🤩
  • Alla fatica di restare concentrati quando la testa era altrove: 9 per la forza 💪
  • Al genitore che ha creduto in loro anche quando sembrava tutto un disastro: 10 per la fiducia ❤️
  • Al/alla prof che non ha visto la fatica, che ha ignorato un PDP/PEI, che ha fatto più danni che lezioni:
    rimandato/a all’ascolto e recupero in empatia, con obbligo di corso di aggiornamento. 📝🫥
  • agli studenti, per aver resistito, per averci provato, per essere arrivati fino in fondo: 10 pieno con stretta di mano 🤝

Perché i voti misurano il rendimento,
ma non raccontano tutto quello che uno studente affronta, sente, supera, non raccontano delle volte in cui la scuola è stata ostacolo, non rifugio.

E forse, questa è la vera promozione:
essere cresciuti nonostante tutto,
anche quando nessuno lo vede.

ABA e CAA: cosa sono, a cosa servono e quando usarle

Quando un bambino ha difficoltà nel comunicare, nel comportarsi in modo adeguato o nell’imparare nuove abilità, può essere utile attivare degli interventi specifici. Due tra i più utilizzati e riconosciuti sono ABA (Analisi Comportamentale Applicata) e CAA (Comunicazione Aumentativa e Alternativa).

Anche se diverse tra loro, queste due terapie hanno un obiettivo comune: aiutare il bambino a crescere, comunicare e partecipare alla vita quotidiana in modo più sereno e autonomo.

Cos’è la terapia ABA

ABA è l’acronimo di Applied Behavior Analysis, ovvero Analisi Comportamentale Applicata.

È un metodo scientifico basato sui principi dell’apprendimento comportamentale. L’obiettivo dell’ABA è quello di insegnare abilità utili e ridurre comportamenti problematici, attraverso l’osservazione sistematica e l’uso di rinforzi positivi.

È particolarmente indicata per bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico, ma può essere utile anche in presenza di altri disturbi del comportamento o ritardi cognitivi.

L’efficacia dell’ABA è supportata da numerose ricerche scientifiche.

Serve per insegnare nuove abilità e ridurre comportamenti inadeguati (ad esempio: urla, crisi, gesti ripetitivi).

Come funziona?

Questa terapia viene strutturata su misura per ogni individuo e prevede attività che aiutano a sviluppare competenze in ambiti come:

  • comunicazione,
  • autonomia personale,
  • abilità sociali,
  • gioco e interazione.
Gli esercizi sono spesso sotto forma di gioco.

Esempio pratico: Se un bambino lancia oggetti per ottenere attenzione, con ABA si lavora per insegnargli un modo più funzionale di chiedere attenzione, ad esempio toccando il braccio dell’adulto o dicendo “Gioca con me”.

Cos’è la CAA

CAA sta per Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Si tratta di un insieme di strategie, tecniche e strumenti pensati per supportare o sostituire il linguaggio verbale nelle persone che hanno difficoltà a comunicare in modo efficace.

La CAA non si propone di “curare” o “sostituire” il linguaggio verbale, ma di aumentare le possibilità comunicative della persona, favorendo l’autonomia e la partecipazione sociale.

È indicata per bambini e adulti con gravi difficoltà comunicative, come autismo, paralisi cerebrale, disabilità intellettiva, disturbi motori o neurologici.

Quali strumenti usa?

  • supporti visivi (immagini, simboli, tabelle),
  • comunicazione gestuale (come il linguaggio dei segni),
  • strumenti tecnologici (comunicatori elettronici, tablet con app dedicate).

Esempio pratico:
Un bambino non riesce a dire “acqua”, ma usando una tabella con le immagini può indicare il simbolo dell’acqua. In questo modo può farsi capire e riduce frustrazione e crisi.

🔍 Differenze tra ABA e CAA

Aspetto ABA CAA
Finalità Insegna comportamenti utili e riduce quelli problematici Aiuta a comunicare, con o senza linguaggio verbale
Metodo Interventi strutturati, rinforzo positivo, osservazione sistematica Si basa su supporti visivi, gesti o strumenti elettronici
A chi si rivolge Persone con autismo o disturbi comportamentali Persone con difficoltà comunicative gravi
Obiettivo principale Apprendimento di comportamenti adattivi e riduzione di quelli disfunzionali Espressione di bisogni, emozioni, pensieri

 

🧒 Quando usarle e con quali bambini

  • ABA è consigliata quando il bambino ha difficoltà comportamentali o di apprendimento, in particolare nei casi di disturbo dello spettro autistico.
  • CAA è utile quando il bambino non parla o ha grandi difficoltà nel farsi capire, indipendentemente dalla diagnosi.

🤝 Si possono usare insieme?

Sì, spesso l’approccio più efficace è integrare ABA e CAA.

Ad esempio, un terapista ABA può insegnare al bambino ad usare una tabella CAA per esprimersi. Questo migliora la comunicazione e riduce i comportamenti problematici legati alla frustrazione.


📌 In sintesi

  • ABA aiuta il bambino a imparare comportamenti positivi.
  • CAA lo aiuta a comunicare, anche senza parole.
  • Usarle insieme può fare la differenza.

🔔 Se pensi che tuo figlio possa beneficiare di uno di questi approcci, parlane con un neuropsichiatra infantile, un terapista della neuro e psicomotricità, o uno psicologo esperto in disturbi del neurosviluppo. Una valutazione precoce è il primo passo verso un percorso di crescita positivo.

I contenuti di questo articolo sono presentati in modo semplice e generale. 
Per approfondimenti o informazioni specifiche, è consigliabile consultare siti specializzati o rivolgersi a professionisti del settore

➡️ Chi prepara il docente di sostegno al metodo ABA?

È importante chiarire un punto fondamentale: il docente di sostegno non è automaticamente formato nel metodo ABA, a meno che non scelga volontariamente di intraprendere un percorso specifico per diventare Tecnico del Comportamento Certificato. 

Il ruolo dell’insegnante non è quello di applicare il trattamento ABA, né tantomeno di sostituirsi al terapista. Il compito principale dell’insegnante, inclusi i docenti di sostegno, è la gestione della didattica. Il terapista ABA o l’analista del comportamento, invece, è il professionista responsabile dell’intervento comportamentale sul bambino. Questo professionista, conoscendo in modo approfondito il profilo clinico dell’alunno, collabora con l’insegnante condividendo strategie pratiche per affrontare e gestire comportamenti disfunzionali all’interno del contesto scolastico.

Facciamo un esempio per chiarire meglio: se un bambino, durante l’ora di matematica, strappa i quaderni, urla, si alza e scappa dall’aula, l’insegnante – che è focalizzato sulla didattica – può confrontarsi con l’analista del comportamento.

Quest’ultimo fornirà indicazioni e strategie specifiche da applicare in quella situazione, come l’uso di un timer, l’introduzione di un sistema di rinforzo, o la gestione dei tempi in funzione delle caratteristiche individuali del bambino.

È proprio da questa sinergia tra insegnante e professionista ABA che nasce una collaborazione efficace, sempre orientata al benessere e alla crescita dell’alunno.

Troppi compiti e verifiche, il Ministero raccomanda: stop ai carichi concentrati e ai compiti assegnati la sera per il giorno dopo

28 aprile 2025

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha diffuso una nuova circolare, firmata dal Ministro Giuseppe Valditara, indirizzata a tutti i Dirigenti scolastici delle scuole statali e ai Coordinatori didattici delle scuole paritarie Circolare 2443 del 28-04-2025

Il documento pone l’accento sulla necessità di una programmazione accurata delle verifiche in classe e dei compiti da svolgere a casa, richiamando l’attenzione sull’importanza di un coordinamento tra i docenti per evitare sovrapposizioni e carichi eccessivi per gli studenti.

Al Tg1, Valditara osserva: “La circolare ha lo scopo di rafforzare sempre di più la positiva collaborazione fra famiglia e scuola, una collaborazione che a me sta particolarmente a cuore”.

Coordinamento tra docenti e rispetto dei tempi

La circolare richiama il DPR n. 275/1999, che attribuisce ai docenti ampi margini decisionali in materia di didattica e valutazione, ma sottolinea come sia fondamentale che la programmazione delle verifiche e l’assegnazione dei compiti avvengano in modo coordinato.

Viene raccomandato di evitare la concentrazione di prove e attività di studio nella stessa giornata e di non inserire i compiti sul registro elettronico in orario serale per il giorno successivo.

L’obiettivo è garantire una distribuzione equilibrata del carico di lavoro durante la settimana, prevenendo situazioni di stress e favorendo una migliore organizzazione del tempo, soprattutto in prossimità di giornate festive.

Autonomia degli studenti e collaborazione scuola-famiglia

Il Ministero sottolinea, inoltre, l’importanza di una corretta annotazione dei compiti, sia sul registro elettronico sia sul diario personale degli studenti, con particolare attenzione al primo ciclo di istruzione. La pratica, già evidenziata nella nota dell’11 luglio 2024, favorisce una crescente autonomia degli alunni nella gestione degli impegni scolastici e rende la consegna delle attività parte integrante della lezione. La circolare si conclude ribadendo la volontà di promuovere un dialogo costruttivo tra scuola e famiglie e di creare un ambiente sereno e fiducioso per lo sviluppo armonico della personalità degli studenti.

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