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Esami di fine ciclo per gli studenti con BES che non rientrano nelle leggi 170/10 e 104/92

Gli studenti con BES che non rientrano nelle leggi 170/10 e 104/92, il Ministero li divide in 2 sottoclassi:

  • studenti che hanno un PDP basato su una  certificazione clinica
  • studenti che hanno un PDP MA SENZA UNA  certificazione clinica ( possono essere ad esempio ragazzi appena giunti in Italia, ragazzi che hanno problematiche familiari, problematiche di altro genere)

ESAMI DI FINE I° CICLO

Per gli studenti che hanno in PDP basato su una certificazione clinica agli esami potranno usufruire di tutti gli strumenti compensativi previsti nel loro PDP.

Per gli studenti che non hanno una ceretificazione clinica agli esami non potranno usufruire di nessuno degli strumenti previsti nei loro PDP.

Questo perchè E’ ancora in vigore la nota 5772 del 2019 pag 2 che dice:
«Per gli alunni con bisogni educativi speciali (BES) che non rientrano nelle tutele della legge n. 104/1992 e della legge n. 170/2010, ma sono comunque in possesso di una certificazione clinica, non sono previste misure dispensative – peraltro non contemplate nemmeno dalla previgente normativa – ma possono essere utilizzati strumenti compensativi qualora sia stato redatto un PDP che ne preveda l’utilizzo, se funzionali allo svolgimento della prova assegnata.»

Ci vuole quindi una certificazione clinica.

Si sperava che questa disposizione fosse corretta, come ha fatto INVALSI (che aveva una limitazione analoga e nell’anno 2024 l’ha tolta) o come è previsto nell’OM degli esami del secondo ciclo dove da anni si possono applicare le personalizzazioni ai candidati con altri BES anche senza certificazione a anche senza PDP.

Purtroppo ad oggi non è cambiato nulla.

ESAMI DI II° CICLO

ALLE SUPERIORI LA COSA CAMBIA…

La normativa nel II ciclo non fa più distinzioni  fra PDP basati su certificazioni clinica o no, tutti gli studenti con un PDP possono usare gli strumenti compensativi agli esami di maturità.

Leggi regionali sui DSA

Nel 2018 due nuove leggi regionali sui DSA si sono aggiunte al mosaico legislativo del nostro paese, rendendo così ancora più completo il disegno su tutto il territorio nazionale: la legge regionale approvate in Sicilia e Sardegna.

Le leggi regionali in passato anticiparono addirittura la legge Nazionale. Risale infatti al 2007 la prima legge in merito ai disturbi specifici dell’apprendimento, ovvero la Legge Regionale della Regione Basilicata.

Oggi il quadro è più completo, sebbene non ancora tutte le regioni abbiano una propria legge in merito.

La domanda che potremmo farci è: a cosa può servire una legge regionale quando già esiste una normativa nazionale?

La legge 170/2010 è una legge quadro, dà delle indicazioni che riguardano diversi ambiti per la tutela delle persone con DSA ma non entra nello specifico di ogni area.

L’area che è stata più sviluppata a livello Nazionale è quella inerente l’istruzione (ad esempio con le Linee Guida del 2011), mentre per ciò che riguarda l’aspetto clinico, la Conferenza Stato-Regioni ha sancito nel 2012 l’accordo sulle “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi specifici di apprendimento” (link).

Le leggi regionali spesso entrano nel merito anche di altri aspetti, come ad esempio i concorsi pubblici (possibilità di utilizzare strumenti compensativi e misure dispensative durante le prove), le misure per l’inserimento lavorativo, i contributi agli enti locali, alle famiglie e alle istituzioni e indicazioni sul percorso diagnostico.

Anche in questo caso quindi alcune regioni anticipano le norme nazionali, per cui alcune proposte di integrazione della legge 170/2010 suggerite da AID che chiarificano meglio alcuni aspetti, soprattutto della vita adulta, non sono ancora state approvate.

E’ importante sottolinerare come l’assenza di una legge regionale non corrisponde automaticamente alla mancata possibilità, per esempio, di avere strumenti compensativi durante un concorso pubblico.

Ricordiamo sempre infatti che la Legge 170/10 specifica nelle proprie finalità (articolo 2), fra le altre: “assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.”

Questa indicazione è solo meno articolata rispetto a quanto presente nelle leggi regionali, ma le esigenze e le tutele delle persone con diagnosi di DSA sono largamente specificate in altri documenti.

Di seguito riportiamo un elenco delle leggi regionali attualmente approvate:

  • Abruzzo – Legge Regionale 5 ottobre 2015, n. 24 – link
    “Disposizioni in favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento (DSA)”  
  • Basilicata – Legge regionale 12 novembre 2007, n. 20  – link
    Interventi in favore dei soggetti affetti da dislessia e da altre difficoltà specifiche di apprendimento”
  • Calabria – Legge regionale 11 aprile 2012, n. 10 – link
    “Disposizioni in favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento” 
  • Liguria – Legge Regionale 15 febbraio 2010 n. 3 – link
    “Interventi in favore dei soggetti affetti da dislessia e da altre difficoltà specifiche di apprendimento” 
  • Lombardia – Legge Regionale 2 febbraio 2010, n. 4 – link
    “Disposizioni in favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento”
  • Marche – Legge regionale 19 novembre 2012, n. 32. – link
    “Interventi in favore delle persone con disturbi specifici di apprendimento (DSA)” 
  • Molise – Legge Regionale 8 Gennaio 2010, N. 1  link
    “Interventi in favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento (DSA)” 
  • Puglia – Legge Regionale 25 Febbraio 2010, N. 4 – link
    “Norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali”
  • Sardegna – Legge Regionale 14 Maggio 2018, N. 15link
    “Norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)”
  • Trento (Provincia Autonoma) – Legge Provinciale 26/10/2011, N. 14 – link
    “Interventi a favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento” 
  • Sicilia – Disegno di Legge n. 96 del 15/01/2018, appr.to il 26/06/2018 link
    “Interventi a sostegno dei soggetti con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)” 
  • Valle d’Aosta – Legge regionale 12 maggio 2009, n. 8  link
    “Disposizioni in materia di disturbi specifici di apprendimento”
  • Veneto – Legge Regionale N. 16 del 04 marzo 2010 link
    Interventi a favore delle persone con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e disposizioni in materia di servizio sanitario regionale”

Alcune delle regioni che non hanno ancora approvato una legge sui DSA sono comunque intervenute sul tema, mediante delibere, decreti e protocolli d’intesa, riguardanti in particolare l’ambito scolastico e quello sanitario-diagnostico.

  • Bolzano (Provincia Autonoma) – deliberazione n. 107 del 27.01.2015
    “Protocollo d’intesa per la rilevazione, l’intervento precoce, l’accertamento e supporto per bambini e studenti con DSA” – link 
  • Campania
    – Delibera della Giunta Regionale n. 43 del 28/02/2014 – “approvazione protocollo d’intesa tra regione e USR per la definizione del percorso di individuazione precoce delle difficoltà di apprendimento, di diagnosi e di certificazione dei disturbi specifici di apprendimento (DSA), in ambito scolastico e clinico, e approvazione del modello di certificazione sanitaria per i DSA.” – link
    – Decreto N. 24 del 31.03.2016 – “approvazione linee di indirizzo regionali sulla riabilitazione per i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)” – link 
  • Emilia-Romagna – Delibera della Giunta Regionale n. 108/2010
    “programma regionale operativo per disturbi specifici di apprendimento (pro-DSA) in Emilia-Romagna” – link 
  • Friuli-Venezia Giulia – Delibera n. 233/2014
    “Approvazione dello schema di protocollo d’intesa fra regione e USR per attività di individuazione precoce dei casi sospetti di DSA” – link 
  • Piemonte – Deliberazione della Giunta Regionale 4 febbraio 2014, n. 16-7072
    “Protocollo di intesa di recepimento dell’accordo Stato/Regioni del 25 ottobre 2012 e definizione delle modalità uniformi su tutto il territorio regionale per l’effettuazione della diagnosi ed il rilascio della certificazione diagnostica per i soggetti sospetti di DSA, di cui alla legge 170/2010” – link 
  • Toscana
    – Delibera n. 1159 del 17/12/2012
    Approvazione delle “Linee guida per la diagnosi e gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSAp)” – link
    – Delibera n. 218 del 22-03-2016
    “Approvazione Protocollo intesa per le attività di identificazione precoce dei casi a rischio di Disturbo Specifico dell’Apprendimento” – link 
  • Umbria
    – Deliberazione della giunta regionale n. 1053 del 26/09/2011
    Approvazione Linee guida vincolanti sui percorsi assistenziali nei disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento (DSA) – link
    – Deliberazione della giunta regionale n. 236 del 10/03/2014
    Approvazione “Protocollo d’intesa per la realizzazione delle attività di individuazione precoce dei casi sospetti di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)” – link

I Centri di Formazione Professionale (CFP) seguono le stesse normative delle scuole statali (PEI – GLO – insegnante di sostegno)?

I CFP, Centri di Formazione Professionale, CMFP nelle grandi città la "M" in più sta per "Metropolitano" e in alcune regioni denominati IeFP (o IFP) (Istruzione e Formazione Professionale).
 
I CFP sono gestiti dalla regione, non rientrano nel sistema di istruzione e non si applicano pertanto le norme sull’inclusione che valgono per le scuole statali o paritarie.
 
A livello nazionale abbiamo l’art. 17 della Legge 104  che fissa dei principi ma di fatto lascia ampia discrezionalità di intervento alle regioni. 
 
Le norme che regolano l’inclusione nelle scuole (PEI, GLO ecc.) non si applicano ai CFP ma c’è da dire che in molti casi essi le seguono ugualmente, a volte non hanno il sostegno ma un educatore.
 

Mi è giunta voce che in alcuni casi lo studente con disabilità è seguito da tutti i professori, che diventano insegnanti di sostegno e se fatta bene, è una scuola molto inclusiva, si predilige il rapporto studente professori, che rispondono direttamente su WhatsApp, i professori fanno le mappe per gli alunni, favoriscono in ogni modo l’ apprendimento.

Alcuni di essi accolgono gli studenti con disabilità in classi destinate solo a loro (con corsi specifici) come dice l’art. 17 c. 2 della L. 104/92:
«2. I corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona con disabilità (handicappata) che, di conseguenza, è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi.»

Quindi la realtà dei atti è molto disomogenea, bisogna informarsi su quelle del proprio territorio interpellando:

  • la scuola scelta
  • persone che frequentano o hanno frequentato
  • gli uffici preposti della regione.

Quanti anni si fa al Cfp?

Al termine dei 3 anni vi è conseguimento della qualifica professionale (titoli come ad es. operatore del benessere, operatore meccanico, operatore di ristorazione);

Al termine di 4 anni vi è il conseguimento del diploma professionale, che conferisce competenze di un gradino superiore (titoli come ad es. tecnico dei trattamenti estetici, tecnico per l’automazione industriale, tecnico di cucina).

Terminata la formazione quadriennale, si potrà fruire di una “passerella” verso il canale dell’istruzione e dunque vi potrà essere un eventuale 5º anno presso una scuola statale, per il conseguimento del diploma di Stato (il quale consente l’accesso all’università, a differenza di diploma e qualifica).

I Centri di Formazione Professionale, o CFP, offrono i propri corsi di formazione professionale in assolvimento dell’obbligo scolastico che, nel caso di svariate professioni, hanno una valenza uguale o superiore al diploma o alla laurea.

La differenza tra un attestato di frequenza e una qualifica professionale è fondamentale: il primo non è riconosciuto valido nel mondo del lavoro, mentre il secondo ha valore di legge.

Nel campo dell’istruzione e della formazione, la differenza tra qualifica e diploma può essere oggetto di confusione.

La qualifica professionale è un certificato che attesta la capacità di svolgere un lavoro specifico, mentre il diploma è un titolo di studio che viene rilasciato dopo aver completato un percorso di studi.

Differenza fra Didattica Individualizzata e Didattica Personalizzata

LINEE GUIDA per i DSA allegate al DL 5669/11 pag. 6-7

«Si possono quindi proporre le seguenti definizioni.
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito
delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente».

«La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e nel Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così, l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’ e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica personalizzata si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche, tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento significativo.
La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento».

Quindi in breve:

DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA significa stessi obiettivi della classe ma con “percorso” diverso.

DIDATTICA PERSONALIZZATA prevede obiettivi pensati per l’alunno in questione rispettando il suo profilo di funzionamento.

Comunque per i due termini la situazione è piuttosto complicata a causa di una normativa controversa, gli insegnanti non sanno bene dove mettere dei paletti fra una e l’altra, basti pensare ai ragazzi con disabilità per i quali gli obiettivi possono essere modellati sugli effettivi bisogni dello studente, si predispone un PEI Piano Didattico Individualizzato, mentre per i ragazzi con i DSA si redige un PDP Piano didattico Personalizzato.

Quindi il contrario di quanto affermato dalle linee guida…

La scuola ha proposto per nostro figlio la programmazione differenziata ma noi l’abbiamo rifiutata. Adesso lo stanno tartassando di verifiche, senza nessun adattamento: anche una verifica e due interrogazioni in uno stresso giorno. È normale?

Anche se la programmazione è ordinaria e le verifiche equipollenti, lo studente con disabilità ha diritto ad essere valutato con modalità che tengano conto dei suoi bisogni, mettendolo nella condizione di dimostrare quello che sa e sa fare senza essere penalizzato dalla sua disabilità.

Significa tempi più lunghi se ha difficoltà esecutive, prove quantitativamente ridotte se non è possibile allungare i tempi, uso di eventuali strumenti compensativi, evitando concentrazioni di verifiche e programmando le prove o dilatandole; e ancora: proporre se servono domande chiuse anziché aperte, prevedere accorgimenti per ridurre l’ansia da prestazione, ecc…

Le modalità di valutazione personalizzate vanno esplicitate bell’apposita sezione del PEI; non hanno nulla a che vedere con gli obiettivi previsti e si possono ovviamente applicare anche con programmazione ordinaria (per la Secondaria di Secondo Grado, consultare le Linee Guida a pag. 36)  la risposta data direttamente dal MIM vedere il punto 16

Linee guida allegate al Dl 182/2020 pag 37: “La prima applicazione della programmazione differenziata richiede una formale proposta del
Consiglio di classe ai genitori, che successivamente deve essere concordata con loro: essi possono rifiutarla e in questo caso saranno somministrate in tutte le discipline delle prove equipollenti, ossia
valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, anche se andranno comunque garantite le attività di sostegno e continueranno ad essere applicate tutte le
personalizzazioni ai metodi di valutazione indicati nel riquadro 8.2.”