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Portare un alunno con 104 fuori dalla classe è legale?

La scuola italiana è inclusiva e le attività vanno previste dal team docente che le organizza in modo da non escludere nessuno, il tutto va inserito nel PEI e quindi approvato, non può diventare una normalità il gruppo di bambini che puntualmente vengono portati fuori dalla classe.

Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità Prot. n. 4274 del 04/08/2009 , a pag. 14 dicono “Sulla base di tale assunto, è contraria alle disposizioni della Legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgano più alunni con disabilità per quote orarie anche minime e per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico”.

Quindi se essere portato fuori è necessario al bambino/ragazzo può essere fatto ma solo per sporadici o particolari interventi, definiti del PEI e approvati dal GLO, quali ad esempio:

1 – se l’alunno ha necessità di decomprimere l’eccesso di stimolazione sensoriale e/o emotiva … VA portato fuori dalla classe in un ambiente con luci soffuse e silenzio preferibilmente

2- se l’alunno ha una crisi d’ansia VA portato fuori per allentarla e poter mettere in atto gli stimming e le ecolalie che gli servono per controllarla lontano dagli occhi dei compagni

3- se l’alunno ha necessità di consolidare dei concetti simulare un’interrogazione o una verifica va portato fuori per farlo col docente di sostegno

4- se l’alunno ha CP che mettono in evidenza un suo disagio va portato fuori per capire in un ambiente più calmo cosa li innesca nell’ambito classe .

Il diritto del bambino a stare in classe con i compagni è sancito dall'art. 12 c. 2 della L. 104/92 che dice che è garantito il diritto all'educazione e all'istruzione nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

Studente DSA o studente con DSA

Fonte: Giacomo Cutrera FB
Dislessia, Disgrafia, Discalculia e Disortografia sono compresi all’interno di un insieme che si chiama DSA Disturbi specifici dell’apprendimento.
 
Questa definizione è la traduzione letterale dell’inglese LD un termine nato diversi anni fa in un determinato contesto storico.
 
La “D” in questione è il motivo della discussione.
 
Per il gergo sanitario il termine disturbo significa “distanza dalla media” mentre in termini del gergo scolastico si intende come “qualcosa che non va”.
 
Per questo motivo molte persone nel mondo hanno sostituito la D con “Differences” o hanno cambiato direttamente la definizione in “Learning Challenges”.
 
Questo perché utilizzare termini appartenenti a un gergo in un altro contesto crea confusione.
 
 
In Italia sento spesso dire “in classe ho un DSA” e oltre a essere grammaticalmente discutibile è anche strano, una persona è un Disturbo?
Oltre al verbo essere usato al posto del verbo avere, il problema è il retropensiero che dice che il problema è del ragazzo.
 
In DSA la lettera che da fastidio a me è la A di apprendimento.
Io non ho problemi di apprendimento, io sono dislessico, io leggo a una velocità molto più bassa e dire che io ho problemi ad apprendere significa dare per scontato che si impara solo tramite la lettura e l’apprendimento scolastico del secolo scorso quando invece esistono mille altri canali di apprendimento che io uso benissimo.
 
Se ho problemi ad apprendere è perché ho davanti qualcuno che mi dice che l’unico stile di apprendimento “valido” è il suo, ma in tal caso il problema è la sua chiusura non la mia diversità.
 
Io ho un Differente Stile di Apprendimento uno stile che condivido con tantissima altra gente (tra i quali anche qualche genio indiscusso e scusate se è poco).
 
Il fatto che il mio cervello abbia questo stile di apprendimento in certi casi è un peso in altri un potenziale, in tutti una parte di me.
 
In questo caso si, con queste premesse posso anche permettermi di dire: io sono DSA, diverso nello stile di apprendimento.

Docenti che programmano solo verifiche scritte e non interrogano mai: legittimo?

Ci sono docenti che non interrogano mai ed assegnano soltanto prove scritte anche per la Teoria che generalmente viene esplicata dagli studenti durante le medesime interrogazioni orali.

Quali sono le modalità di valutazione degli studenti all’interno delle Istituzioni scolastiche?

Quante le verifiche che i docenti debbono effettuare per ogni periodo didattico, trimestre o quadrimestre?

Quali le disposizioni normative sui criteri di valutazione?

Esiste un numero di verifiche scritte o orali, da svolgersi obbligatoriamente?

Lecito che un Professore non interroghi mai, assegnando esclusivamente verifiche scritte?

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Per gli studenti di recente immigrazione è possibile l’esonero dalle II lingua comunitaria nella scuola secondaria di I grado?

Per gli alunni di recente immigrazione è possibile sostituire la seconda lingua comunitaria con attività di potenziamento di italiano.

Si applica anche all’esame di Stato.
DM 741/17 art. 9 comma  4 “Per le alunne e gli alunni che utilizzano le due ore settimanali di insegnamento della
seconda lingua comunitaria per il potenziamento della lingua inglese o per potenziare l’insegnamento dell’italiano per gli alunni stranieri, la prova scritta fa riferimento ad una sola lingua straniera.”

Gli strumenti compensativi e dispensativi inseriti nella certificazione, devono essere adottati obligatoriamente dalle scuole nel PDP?

La Legge 170/10 art. 5 c. 2/b dice:

«2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche […] garantiscono:
b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonche’ misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualita’ dei concetti da apprendere.»

Soggetto è “le istituzioni scolastiche” e il verbo usato è “GARANTISCONO”.

Quindi gli strumenti compensativi e le misure dispensative ci devono essere, ma è la scuola che decide quali.

Il buon senso direbbe che non essendo i docenti dei professionisti clinici e/o medici, dovrebbero riconoscere tutto ciò che è riportato in diagnosi, come necessario.

Le personalizzazioni necessarie sono decise dagli insegnanti che non sono tenuti a seguire rigorosamente le indicazioni dei clinici, se non lo fanno, i risultati diranno se avevano ragione i docenti o il professionista clinico/medico.

Ma questo non significa “arbitrio”, e fondamentale il monitoraggio e la  verifica e se i risultati non sono adeguati si devono modificare  L. 170/10 art. 5 c. 3: “3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l’efficacia e il raggiungimento degli obiettivi. “

Quindi la scuola si prende la responsabilità di scegliere le misure compensativo o dispensative che ritiene più efficaci, ma poi verifica che funzionino davvero.

Un insegnante per individuare quali sono gli strumenti più necessari a un determinato alunno è necessario li conosca tutti e li sappia usare, purtroppo questo raramente avviene.

Chiaro è che, se i risultati non arrivano e non parlo della merasufficienza, i docenti di quell’alunno,  dovranno assumersene la piena responsabilità.

Il Tar, si è espresso più volte in merito, riconoscendo inadempienze palesi alla scuola, obbligandola al risarcimento del danno sia materiale che biologico.

Le indicazioni cliniche sono un suggerimento operativo da parte di esperti clinici in equipe che devono essere eseguiti pedissequamente solo se e quando non vi sono strumenti compensativi interscambiabili tra loro; laddove si puo compensare in diversi modi la scelta ultima, purchè ragionevole, è della scuola.

Sarebbe una cosa molto importante che lo specialista clinico nella certificazione, indichi gli strumenti compensativi e dispensativi che reputa più opportuni e li metta in correlazione con il disturbo che andranno a compensare, per dare informazioni dettagliate agli insegnanti,  ma anche questo accade raramente.

Il DM 5669/11 dice che questi interventi non vanno solo garantiti ma anche “esplicitati” ossia comunicati chiaramente (art. 5) e l’argomento viene definito meglio nelle Linee Guida a pag. 8 dove si dice che le scuole dovranno predisporre un documento (ossia il PDP) dove tutto andrà definito chiaramente.

Il DSM V raccomanda di non suddivere in etichette diagnostiche i disturbi ma di riferirsi a disturbi di apprendimento questo perchè ci sono difficolta trasversali per cui non si può concedere qualcosa in una materia e non in una altra, un alunno con dislessia, farà fatica a studiare anche la matematica, sarà lento e scorretto nella lettura dei problemi ed avere difficoltà in matematica anche senza essere discalculico.

Misure compensative dispensative slide estratte da un Power Point creato e fornito dal Prof. Guido Dell’Acqua referente area BES del MIUR per un convegno del  2018, dove sono messe in evidenza strumenti – difficoltà da compensare – vantaggi nell’uso dello strumento, (qua il power point intero).