Tutti gli articoli di Nicoletta

Pc InTasca Dislessia

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l progetto PcInTasca Dislessia propone di racchiudere in una pen drive, dal valore di pochi euro, una serie di programmi open source e free che non vengono installati sul computer ospitante, ma possono essere utilizzati direttamente dalla pen drive.

safe_imageRimuovere e aggiungere programmi alla suite PcInTasca Dislessia

 

 

Michael Phelps

È il 1990 a Baltimora, Maryland.

Un giorno la maestra d’asilo convoca d’urgenza mamma Deborah, per tutti Debbie. “Michael non riesce a stare seduto, non sta mai tranquillo, non riesce a focalizzare” dice la maestra.
“Forse è solo annoiato” risponde Debbie. “Impossibile. Si rassegni, semplicemente suo figlio non è dotato, non sarà mai in grado di focalizzarsi su nulla” sentenzia la donna senz’appello.

Il bambino in questione, quel Michael, di cognome fa Phelps, ha 5 anni, è cresciuto senza padre in una famiglia interamente femminile, insieme alla madre e alle due sorelle, e fino a quel momento non ha quasi mai messo piede in una piscina.

Quando lo fa per la prima volta, è talmente terrorizzato all’idea di bagnarsi la faccia, che l’istruttore è costretto a insegnargli il dorso. Michael ha un talento innato, ma discontinuo. A scuola non va meglio. Tutte le sue insegnanti ripetono a Debbie sempre le stesse cose: “Non riesce a concentrarsi in nessun compito”, “non è portato per questa o quella materia”, “infastidisce il compagno di banco”. Debbie allora decide di sottoporlo a una visita specialistica.

La diagnosi è chiara: ADHD o DDAI, meglio noto come Disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Ma Debbie, oltre ad essere una mamma, è anche insegnante e preside. E si mette in testa di dimostrare a tutti che sbagliano. “Sapevo che, se avessi lavorato duro con Micheal, lui avrebbe potuto raggiungere tutti gli obiettivi che si fosse prefissato.” Lavora a stretto contatto con le insegnanti di Michael e, ogni volta che una di loro le dice “non riesce a fare questo”, lei risponde: “Bene, cosa possiamo fare per aiutarlo?”

Di fronte alle sue difficoltà con la matematica, gli trova un tutor e un metodo che susciti l’interesse di Michael, con problemi di questo tipo: “Quanto tempo impieghi a nuotare per 500 metri se nuoti ad una velocità di 3 metri al secondo?”.

Trasforma i limiti di suo figlio in opportunità.

Ogni volta che lui ha uno scatto di rabbia o di frustrazione in piscina, lei dagli spalti gli fa un segnale convenzionale a forma di C che, nel loro linguaggio privato, significa “Ricomponiti”.

Michael migliora a scuola, mentre in vasca è già un piccolo squalo: a 11 anni, è più forte e veloce di qualsiasi altro suo coetaneo che abbia mai nuotato negli Stati Uniti.

Debbie viene, allora, convocata per il secondo colloquio più importante della vita di Michael. Questa volta non è una maestra d’asilo ma il suo allenatore, Bob Bowman. È il maggio del 1996.
“Signora, ora le dico cosa succederà” esordì. “Nel 2000 Michael parteciperà ai Trials olimpici. Non so se conquisterà la convocazione, ma sicuramente farà parlare di sé. E nel 2004 sarà senza dubbio un atleta che vincerà delle medaglie olimpiche. E saremo solo all’inizio”.

Bob sbagliava. Nel 2000, a Sydney, non solo Michael si qualificherà nei 200 metri farfalla, ma raggiungerà la finale, classificandosi al quinto posto, sfiorando il podio e una medaglia. Aveva 15 anni appena compiuti. Da quel giorno, per i successivi 16 anni, Phelps conquisterà 83 medaglie, di cui 66 d’oro, 28 olimpiche, 33 iridate, in otto diverse discipline, diventando, nel 2008 a Pechino, l’atleta con più ori (otto) in una sola edizione della storia dei Giochi e, per distacco, il nuotatore più vincente di ogni tempo, oltre a uno degli sportivi più forti di ogni sport o epoca.

Quel campione inarrivabile e icona planetaria, che ha appena compiuto 39 anni, è stato un bambino con deficit dell’attenzione diagnosticato, come decine di milioni di altri bambini come lui in tutto il mondo. Con la sola fortuna di avere avuto al suo fianco una donna e una professionista che non lo ha mai giudicato, né giustificato, ma lo ha spinto a tirare fuori il proprio talento dove altri vedevano solo disturbi, disattenzione e iperattività.

Avrebbe potuto rassegnarsi, come le aveva consigliato la sua prima maestra d’asilo. Invece Debbie ha deciso di fare qualcosa di molto più lungo e faticoso: credere in suo figlio.

Forse nessuno di quei milioni di bambini diventerà mai Michael Phelps – che importa? – ma dietro lo stigma di una diagnosi e di un giudizio senz’appello, ci sono persone con talenti e capacità fuori dal comune in qualunque ambito o professione.

A volte quello che manca è solo qualcuno disposto a vederli e a riconoscerli. Una come Debbie Phelps, per esempio.

Spillo – Strumento per la scuola e per chi fa valutazione inerente la legge 170 sulla Dislessia

Valutazione della Dislessia in un minuto………….(Legge 170)

spillo..non è fantascienza…è SPILLO, uno strumento per la scuola e per chi fa valutazione inerente la legge 170 sulla Dislessia ed è il risultato del lavoro scientifico pluriennale condotto da Giacomo
Stella e dalla sua equipe ed è stato validato su un campione di 1500 bambini.
SPILLO è l’acronimo di Strumento Per l’Identificazione della Lentezza nella Lettura Orale e produce, attraverso la rilevazione dei due parametri considerati significativi nella capacità di lettura

  • velocità e accuratezza
  • una valutazione scientifica del rischio di DSA attraverso la lettura per un minuto di un testo standardizzato su un apposito cartoncino.

Durante la prova, l’insegnante segue sul monitor del PC la lettura effettuata dal bambino, evidenziando e registrando gli errori di lettura e le autocorrezioni.
Al termine del minuto il programma riporta immediatamente il calcolo delle parole lette, la velocità di lettura espressa in sillabe al secondo ed numero di errori e di autocorrezioni.
I risultati della prova di lettura sono indicati secondo 4 valutazioni:

  1. livello di lettura pienamente raggiunto
  2.  livello di lettura sufficiente
  3. richiesta di attenzione
  4. richiesta di intervento immediato

SPILLO può essere somministrato dalla terza classe in avanti in qualsiasi momento dell’anno scolastico, mentre nella prima classe la somministrazione va effettuata nel mese di maggio, nella seconda classe nel mese di febbraio.
SPILLO è composto da una Guida all’uso per l’insegnante, dal Testo della prova su cartoncino per la lettura ad Alta Voce, il Software su Chiavetta USB da 2 gb.
Il Kit Classe SPILLO costa solo 2 euro ad alunno.

vai al sito

Si dice fa o fà?

Fa (senza né accentoapostrofo) può significare:

  • La quarta nota musicale (do re mi fa sol la si do);

  • Il verbo fare coniugato alla terza persona singolare: “egli fa”;

  • Avverbio che indica un punto nel passato: “tempo fa”.

Fa’ (con apostrofo, non con l’accento) è invece l’elisione della coniugazione all’imperativo del verbo fare alla seconda persona singolare (tu fai): “ehi tu, fa’ come ti dico!”

(con accento) è invece sbagliato.
L’errore è divenuto tristemente comune probabilmente a causa di due equivoci:

  1. Lo scambio dell’apostrofo della forma imperativa fa’ con un accento

  2. Un uso errato dell’accento distintivo sui monosillabi nell’intento di distinguere la nota musicale omografa* al verbo fare coniugato alla terza persona. In realtà in italiano questo accento distintivo non esiste, anche perchè dal contesto è sempre possibile distinguere la nota musicale fa dal verbo fa.

*[dal greco omo- “stessa”, -grafia “scrittura” → cioè che si scrive allo stesso modo]

Per ricordare la regola consiglio di memorizzare la prima frase di questo post: Se devi scrivere un fa, come si fa?in cui “fa” compare prima col significato di nota musicale e subito dopo col significato di verbo fare, sempre senza accento!

fonte:Parolaio.it