Il DL 182/20 art. 13 comma 2/a, modificato dal decreto correttivo Dlgs 153 del 2023 è stato regolato in modo più rigido l’eventuale orario ridotto è possibile solo per motivi di tipo sanitario, su richiesta della famiglia e dei clinici.
La scuola non può più chiedere o concedere (nel caso fosse la famiglia a richiederlo) un orario di scuola ridotto per esigenze organizzative, come ad esempio quando l’insegnante di sostegno non copra tutte le ore scolastiche, lo studente non è del solo insegnante di sostegno ma di tutto il corpo docente.
Ma lo può concedere solo per esigenze di tipo sanitario (terapie o altro).
Il bambino/ragazzo ha diritto a seguire le terapie necessarie e in ogni caso il diritto alla salute prevale sull’obbligo scolastico.
Per quanto riguarda gli studenti che, per ragioni sanitarie entrano a scuola in ritardo o ne escono prima o entrambi, anche se giustificate vanno comunque documentate nel registro di classe, che è un atto pubblico e formale da cui deve sempre risultare chi è presente a scuola e chi no, anche eventualmente con un’annotazione permanente.
Formalmente si tratta di assenze tant’è che nella secondaria vanno conteggiate ai fini della validità dell’anno scolastico (sono previste eccezioni, come è noto, ma il CdC deve dichiarare che la valutazione è possibile anche se il numero di assenze è elevato).
Le riduzioni di orario vanno sempre approvate dal GLO, soprattutto se determinate da valutazioni di opportunità (“non ce la fa a fare 6 ore”).
Se saltano le terapie (per qualsiasi motivo) lo studente può fare l’orario scolastico regolare?
Sono procedure che vanno per forza personalizzate, non possono essere applicate in modo indifferente a tutti gli alunni con disabilità che frequentano terapie in orario scolastico.
Se il bambino ha bisogno di un intervento personalizzato, senza il quale non può stare a scuola, e la famiglia ha chiesto di seguire un orario ridotto particolare, l’orario va rispettato perché la scuola ha organizzato le risorse in modo da rispondere a queste esigenze.
Nelle ore in cui è prevista la terapia il personale di supporto non c’è, e il bambino pertanto non può essere accolto.
Se invece il bambino può stare in classe come gli altri, anche senza assistenza specifica, non c’è motivo per rifiutare il suo ingresso a scuola.
Secondo la normativa italiana sull’inclusione scolastica (Legge 104/1992 e successive integrazioni), l’alunno con disabilità ha diritto a frequentare la scuola come tutti gli altri studenti, indipendentemente dalla presenza dell’insegnante di sostegno.
La responsabilità della sua vigilanza e della sua istruzione è di tutto il personale scolastico, non solo del docente di sostegno.
Se la scuola propone l’ingresso posticipato, sta violando il diritto all’istruzione e all’inclusione dell’alunno. Invece, dovrebbe organizzarsi internamente per garantire la supervisione e il supporto adeguato (coinvolgendo altri docenti, il personale ATA o un educatore, se previsto).
Stesso discorso se l’insegnante si assenta per malattia o altro, DEVE essere sostituito.