Tutti gli articoli di Nicoletta

Breve guida degli acronimi della scuola

A 

ADHD   –  ATTENTION   DEFICIT   HYPERACTIVITY   DISORDER   in   italiano

D.D.A.I. – Deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività.

Il disturbo interessa alunni e studenti con problemi di controllo attentivo e/o attività; ha una causa neurobiologica e genera difficoltà di apprendimento e di socializzazione con i coetanei. In forma grave tale da compromettere il percorso scolastico, è presente in circa l’1% della popolazione scolastica.

B

B.E.S. –     Bisogni Educativi Speciali

Sono da considerarsi alunni BES i diversabili. I DSA e tutti gli alunni con deficit da disturbi non certificati compresi nella Direttiva del MIUR del 27 dicembre 2012 e con la C.M. applicativa del 6 Marzo 2013 e cioè:

  • deficit da disturbo dell’attenzione e iperattività; disturbo oppositivo-provocatorio;
  • border-line ( Q.I. 70/83 ) che non rientrano nella Legge 170/2011;
  • deficit del linguaggio / delle abilità non verbali / della coordinazione motoria;
  • alunni con difficoltà di apprendimento di carattere culturale: stranieri, caminanti, ecc.

C 

CH –          Minorati della vista

È la “sigla” riportata nei prospetti dell’Organico di sostegno per indicare i minorati della vista.

C.T.I. –      Centro Territoriale per l’Inclusività

Prenderanno il posto dei CTM e saranno coordinati, a livello provinciale, dal CTS. Dovrebbero avere funzioni più ampie ed una struttura di rete di Scuole comprese in un determinato territorio, con un proprio staff che fornisce consulenza, aggiornamento e formazione.

C.T.S. –     Centro Territoriale di Supporto per le nuove tecnologie

E’ stato istituito a livello provinciale ed ha compiti di supporto all’inclusione scolastica. È centro di supporto ai DSA come previsto dalla L.170/2010 e svolge funzioni di monitoraggio, formazione, aggiornamento, ricerca didattica sulle nuove tecnologi.

D

D.F. –        Diagnosi Funzionale

Per diagnosi funzionale si intende la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico dell’alunno in situazione di handicap“ (D.P.R. 24/2/1994).

Alla D.F. provvede l’unità multidisciplinare composta dal medico specialista nella patologia segnalata, dallo specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso l‘A.S.L. o in regime di convenzione con la medesima.

La D.F. serve a stabilire quali processi di apprendimento e/o adattamento vengono utilizzati da persone con problemi cognitivi e/o relazionali, quali strategie sono presenti, le abilità residue e/o compromesse, le potenzialità ed i livelli di sviluppo. Questa conoscenza deve però essere “funzionale” in senso estensivo, e cioè utile alla realizzazione concreta e quotidiana di attività didattiche ed educative appropriate, significative ed efficaci.

DH          MINORATI DELL’UDITO

E’ la “sigla” riportata nei prospetti dell’Organico di sostegno per indicare i minorati dell’udito.

D.S.A. –    Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Dislessia, discalculia, disgrafia, disortografia, individuati dalla necessaria certificazione e regolamentati dalla Legge 170/2010, resa attuativa dal D.M.5669/2011. Il Consiglio di classe dovrà predisporre un Piano Didattico Personalizzato (PDP) con cui ciascun docente esplicita gli strumenti dispensativi e compensativi della propria disciplina. Il PDP è prescrittivo come pure il consenso e la partecipazione della famiglia.

E

EH –          MINORATI PSICOFISICI

E’ la “sigla” riportata nei prospetti dell’Organico di sostegno per indicare i minorati psicofisici.

G

G.L.H. –    Gruppo di Lavoro H. d’Istituto

Istituito dalla Legge quadro 104/1992, art. 15. in ogni scuola che accoglie alunni con disabilità è presieduto dal dirigente scolastico e comprende altre componenti dell’Istituto (funzione strumentale, docenti, ASL, EE.LL., genitori in rappresentanza degli alunni disabili). È il GLH d’Istituto che fa richiesta all’USR nel mese di Giugno delle ore di sostegno e poi a settembre assegna il “sostegno” alla classe in cui è iscritto ciascun alunno disabile, ripartendolo dal “monte ore” complessivo e indistinto assegnato dall’Ufficio Scolastico Territoriale. Il GLH d’istituto, dall’a.s. 2013/2014, si implementa con altre figure di riferimento e diventa G.L.I.

G.L.I. –      Gruppo di Lavoro per l’Inclusione

Assorbe il GLH d’Istituto includendo i nuovi compiti che derivano dai Bisogni Educativi Speciali, per i quali sarà implementato da docenti referenti per i DSA e per gli alunni stranieri. Rimane di competenza del GLH d’Istituto la raccolta delle ore di sostegno dai singoli GLIC operativi sulla base delle effettive esigenze del caso.

G.L.H.O. – Gruppi di Lavoro Interistituzionali sul Caso

E’ il gruppo operativo istituito per ciascun alunno disabile. È costituito da personale della Scuola (Dirigente scolastico o suo Vicario, Funzione Strumentale, docenti curricolari e di sostegno, personale ATA) delle Asl (neuropsichiatra, terapista, ass. sociale) della famiglia e studente disabile.

G.L.I.P. – Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale

Presieduto dal Dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale e coordinato dal Responsabile dell’Ufficio Inclusione Scolastica individua le linee di azione per l’integrazione scolastica, per gli Accordi di Programma, per gli interventi su specifiche disabilità (minorati della vista e dell’udito). Ne fanno parte rappresentanti delle ASL, dei CTM, delle Articolazioni zonali, della Provincia e delle Associazioni di disabili.

G.L.I.R. – Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale

Riproduce il GLIP, però a livello Regionale.

G.O.M. Gruppo Operativo Multiprofessionale

Di competenza delle ASL è costituito da medici specialisti, psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, educatori: ha il compito di stilare uno specifico piano abilitativo, riabilitativo, globale, chiamato P.A.R.G.

I

I.C.F. –     International Classificlation of Functioning, Disability and health.

Classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità – 2001.

Si tratta di passare dalla prospettiva del “modello medico” alla prospettiva di un “modello bio-psico-sociale”. L’ICF recepisce pienamente il modello sociale della disabilità (quello delle legge 104/1992) però, nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e personali (definite”fattori contestuali”) in cui essa vive.

Nel modello citato assume valore prioritario il “contesto”, i cui molteplici elementi possono essere classificati come “barriera”, qualora ostacolino l’attività e la partecipazione della persona, o “facilitatori” nel caso in cui, invece, favoriscano tali attività e partecipazione.

Le ASL dovrebbero elaborare la Diagnosi Funzionale sulla base dell’ICF.

I.N.D.I.R.E. – Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa

Istituto di ricerca del MIUR che contribuisce all’evoluzione della formazione e dell’innovazione scolastica sostenendo i progetti di miglioramento della Scuola.

I.N.VAL.S.I. – Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema Istruzione

Attraverso la somministrazione di prove specifiche alle classi 2^ e 5^ primaria, 1^ e 3^ secondaria 1° grado e 2^ secondaria 2° grado il Sistema verifica gli standard di apprendimento e del percorso formativo in ordine ai traguardi delle competenze. La prova nazionale della 3^ secondaria di 1° grado ha modificato l’esame finale del 1° ciclo di istruzione che diventa quindi ESAME DI STATO poiché la prova INVALSI costituisce materia di valutazione d’esame e contribuisce alla media del voto finale.

O 

O.C.S.E. –   Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico

E’ una organizzazione internazionale che sviluppa indagini, studi e statistiche anche sulla Scuola, mettendo spesso a confronto i nostri risultati con quelli di altri Paesi.

O.M.S. –     Organizzazione Mondiale della Sanità

Invia direttive ai singolo Stati in materia di Salute Pubblica. Importante l’I.C.F. la lassificazione su funzionamento e sulla salute del 2001 recepita dallo Stato Italiano nel 2004 (a cui dovranno adeguarsi le ASL e la Scuola)

P

P.A.R.G. – Piano Abilitativo Riabilitativo Globale

Elaborato dal GOM (vedi GOM)

P.A.I.     Piano Annuale di Inclusività

Il P.A.I. “piano formativo per gli alunni con bisogni educativi speciali”, è lo strumento per una progettazione della propria offerta formativa in senso inclusivo, è lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni, le linee guida per un concreto impegno programmatico per l’inclusione. Va deliberato da ogni Collegio Docenti entro il mese di Giugno.

P.D.F.    Profilo Dinamico Funzionale

Raccoglie la sintesi conoscitiva riferita al singolo alunno, relativamente alle osservazioni compiute sullo stesso in contesti diversi, da parte di tutti i differenti operatori che interagiscono con lui: Famiglia, Scuola, Servizi. Indica le caratteristiche fisiche, psichiche, sociali ed affettive dell’alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap, con relative possibilità di recupero, sia le capacità possedute che possono essere sostenute, sollecitate, progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata (D.L. 297/1994).

Durante gli incontri del GLIC avviene la stesura e/o la lettura del PDF a cui segue la compilazione del Piano educativo individualizzato (PEI)

P.D.P. –    Piano Didattico Personalizzato

Riguarda gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento – DSA.

Viene elaborato dal Consiglio di classe: ciascun insegnante individualizza l’insegnamento della propria disciplina (DM 5669/2011) e personalizza l’insegnamento con gli strumenti di tipo dispensativo e compensativo previsti dalla Legge 170/2011.

P.E.I. –     Piano Educativo Individualizzato

Consente agli insegnanti, evidenziando capacità ed analizzando limiti, di:

  • dimensionare in modo adeguato alle potenzialità dell’alunno gli obiettivi e i relativi sotto obiettivi;
  • adottare metodologie più mirate alle capacità e alle intelligenze possedute dal soggetto;
  • scegliere didattiche alternative specifiche, funzionali e adattabili;
  • privilegiare aree cognitive di più facile accesso e di maggior produttività;
  • programmare percorsi e interventi, insistendo sulle abilità e potenzialità evidenziate nel profilo dinamico funzionale, ed utilizzando canali diversi anche vicarianti ai fini di un maggior

U

U.S.R. –    Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia

È l’articolazione regionale del Ministero dell’istruzione. Il Direttore Generale ha competenza in materia di istruzione su tutte le scuole di ogni ordine e grado statali e paritarie della regione Puglia.

U.S.T. –    Ufficio Scolastico Territoriale

È l’Ufficio Scolastico Regionale con competenza territoriale, ha un proprio Dirigente.

Studenti con ADHD

COSA NON SI DEVE DIRE AD UN GENITORE DI UN BAMBINO  ADHD

 
Nonostante  ferree prove mediche contrarie, l’ADHD è ancora considerato da molti come niente di più che: colpa di “poveri” genitori, tempi troppo lunghi davanti alla tv od altri schermi,  o una scusa dei genitori per mascherare una mancanza di disciplina. Non è così.
 
Quando si sta facendo del proprio meglio per crescere il proprio figlio con ADHD, può essere frustrante sentire commenti disinformati da parenti e amici, anche ben intenzionati, o sconosciuti.

 

Ecco le prime 10  insensate affermazioni circa l’ADHD che i genitori sentono troppo spesso.

 
  1. L’ADHD è solo una scusa per cattivi genitori.  FALSO. Abbiamo tutti sentito i sussurri di giudizio: “Perché non riescono a controllare il loro bambino?” “Io non avrei mai permesso di lasciare che il mio bambino facesse ciò”.  L’ADHD è una condizione neurologica medica che può causare realmente molti problemi comportamentali per cui genitori e figli  si possono trovare a lottare ogni giorno.  Confrontando il comportamento neurotipico dei bambini con ADHD con quello dei loro coetanei è improduttivo e denota insensibilità.
  2. Che sarà lui a superarla.  FALSO. L’ADHD non è solo un “dolore in crescita”, e non c’è alcuna garanzia che i sintomi del bambino miglioreranno quando crescerà la sua età. In effetti, fino a due terzi dei bambini con diagnosi di ADHD continuerà a lottare con questa condizione in età adulta.
  3. I bambini con ADHD hanno un vantaggio sleale a scuola.  FALSO. Il PDP o il PEI servono a mettere nella stessa condizione, “a livellare il campo di gioco” ad un bambino che sta lottando a scuola a causa di ADHD o difficoltà di apprendimento. La legge garantisce che tali servizi siano messi a disposizione per gli studenti che ne hanno bisogno; non lasciate che commenti di disinformati possano impedire di ottenere al vostro bambino il tutoraggio, tempi più lunghi, o se ha bisogno di maggiore attenzione a scuola.
  4. E’ solo un piantagrane.  FALSO. Sculacciate e altre dure punizioni sono in realtà controproducenti sui bambini con ADHD che lottano per stare fermi, tacere, o aderire a regole rigorose. I tradizionali tipi di disciplina non funzionano quando il comportamento deriva da una condizione neurologica al di fuori del controllo del bambino, così i genitori (e insegnanti) possono avere il bisogno di provare nuovi approcci, quali la terapia comportamentale e una genitorialità positiva.
  5.  L’ADHD è causato da troppa TV.  FALSO.Non ci sono prove a sostegno di un collegamento tra la televisione (o videogiochi o smart phone) e ADHD. In realtà, molti bambini guardano un sacco di TV, ma solo alcuni hanno una diagnosi di deficit di attenzione. Sempre di più la ricerca indica che l’ADHD ha un legame genetico.
  6. E’ solo un po’ iper. FALSO .Mentre l’iperattività è altamente visibile, e quindi può essere il sintomo più riconoscibile di qualche ADHD, altre manifestazioni – come impulsività e la disattenzione – sono quasi impossibile da vedere agli estranei, ma hanno un serio impatto giorno per giorno sulla vita di un bambino.
  7. Nessuno aveva l’ADHD quando ero un ragazzino. FALSO. Il termine può essere nuovo, ma il fenomeno non lo è. Molti di noi oggi con diagnosi di ADHD sarebbero stati una volta chiamati pigri, stupidi, o incapaci di apprendere. O anche diagnosticati come fossero persone con un “un difetto della coscienza morale”, (nota di Convivere: che non può essere rappresentato da una qualsiasi colpa dell’ambiente” diceva  Sir George Frederick Still 1868-1941 considerato il padre della pediatria britannica).
  8. E’ probabilmente solo troppo zucchero. FALSO. Mentre i sintomi possono essere aggravati da troppi dolci, lo zucchero non può causare l’ADHD. Alcuni genitori riferiscono di non vedere alcuna differenza nei sintomi ADHD del loro bambino, anche quando è stato loro completamente tolto lo zucchero.
  9. I genitori sono pronti a dare medicine. FALSO. La decisione di usare farmaci, è una decisione presa tra la famiglia e il suo medico, e non è fatta alla leggera da chiunque. I genitori di solito si rivolgono ai farmaci solo dopo cambiamenti nella dieta, integratori, e altre modifiche comportamentali, che si sono dimostrati inefficaci.
  10. Hanno solo bisogno di liberare la loro energia. FALSO. Gli osservatori, magari con buone intenzioni, ma terribilmente male informati,  spesso pensano che i bambini ADHD hanno solo bisogno di essere “stanchi”, e trovando la giusta attività si  risolveranno tutti i problemi del bambino. Purtroppo, il calcio o il paintball ( Nota di Convivere: è uno sport che ha lo scopo di eliminare l’avversario colpendolo con delle palline di gelatina riempite di vernice vivacemente colorata, sparate mediante appositi fucili ad aria compressa chiamati marker) non possono controllare i simtomi dell’ADHD, cosa che solo un corretto trattamento può dare.
 
Liberamente tradotto per “Convivere con l’ADHD” da additudemag
 

Le linee-guida per la leggibilità

Ugualianza-Giustizia1-150x150Quando si predispongono verifiche scritte per gli alunni con DSA o con disabilità (=verifiche strutturate e personalizzate) si dovrebbero tener conto di alcuni accorgimenti per far in modo che il testo sia il più comprensibile possibile, in modo da sollevare lo studente, dal pesante carico della comprensione (il cui deficit è certificato), per metterlo sullo stesso piano dei suoi compagni di classe. 

La grafica:

1) Corredare il testo di immagini, schemi, tabelle, ma in modo chiaro e lineare, senza “affollare” le pagine.

2) Usare le intestazioni di paragrafo per i testi lunghi.

3) Usare  lo STAMPATO MAIUSCOLO per mettere in evidenza le parole chiave e, per dare movimento al testo. 

4) NON usare l’allineamento giustificato: lo spazio variabile tra le parole non aiuta i loro movimenti saccadici.

5) Non spezzare le parole per andare a capo.

6) Andare spesso a capo, magari dopo ogni punto di sospensione (capoversi).

7) Distanziare sufficientemente le righe (usare un’interlinea abbastanza spaziosa 1,15-1,50).

8) Usare fonts del tipo “sans sarif”, cioè “senza grazie”.
Il Times New Roman, ad esempio, è quello che di default si utilizza in Word, ma non è indicato. Nel nostro Pc ci sono già fonts sans sarif, basta controllare che abbiano segni “puliti”, senza lineette aggiuntive, come ad es. il Comics, il Verdana, il Georgia, l’Arial. In questa pagina sono elencati i font più adatti ai ragazzi con DSA.

Attenzione, però: in alcuni di questi fonts la “i” maiuscola e la “elle” minuscola sono identiche! Altri, come il Comics e il Verdana li mantengono invece distinti (come eccezione, la sola I maiuscola ha le grazie).

9) Impostare il font in un formato (“corpo”) abbastanza grande: se un corpo di 12 punti può essere accettabile per il Verdana maiuscolo, per altri tipi di font più piccoli potrebbero servire almeno 14/16 punti.

10) Se possibile, usare il grassetto e/o colori diversi per evidenziare le parole chiave ed i concetti più importanti, o per raggruppare (nel caso dei colori) concetti e contenuti tra loro correlati. Come per il punto 1, però, attenzione a non esagerare: il testo deve essere chiaro, “pulito”, senza inquinamento visivo.

L’organizzazione dei testi e il lessico:

1) Usare frasi brevi, evitando le subordinate e preferendo, piuttosto, le coordinate.

2) Non usare doppie negazioni.

3) Fare attenzione alle frasi con troppi pronomi: costringono ad inferenze ed aumentano il carico cognitivo, a scapito della strumentalità di lettura.

4) Nei testi informativi/di studio raggruppare le informazioni per blocchi tematici.

5) Nei testi narrativi sostituire gli eventuali flash-back con un più semplice ordine cronologico.

6) Cercare di evitare testi troppo lunghi: max 250 parole per pagina.

7) Per quanto possibile, usare forme attive e al modo indicativo.

8) Usare un lessico semplice, in base all’età e alle difficoltà dell’alunno.

 

Per avere verifiche strutturate, questi particolari vanno inseriti nel PDP (Piano Didattico Personalizzato). 

I ragazzi dislessici e le e lingue straniere

girlAdattare l’insegnamento della lingua per la presenza di dislessici in classe non significa limitare i contenuti ma piuttosto utilizzare strategie diverse che, pur mirate al soddisfacimento delle esigenze degli studenti linguisticamente più deboli, potenziano le abilità di tutto il gruppo classe.
Per procedere alla identificazione delle strategie più efficaci è necessario tenere presente che molti studenti potenzialmente dislessici non sono diagnosticati ma semplicemente etichettati come distratti, pigri o svogliati e che questo disordine si manifesta in alunni con un grado di intelligenza spesso superiore alla norma in aree diverse da quella linguistica. Va ricordato che le differenze tra una persona dislessica ed una non dislessica si manifestano principalmente nell’apprendimento dell’abilità della lettura e della scrittura e che tali differenze non sono particolarmente visibili; infine l’invisibilità del problema può essere acuita dalle caratteristiche fonologiche dell’italiano.
Considerando la situazione nel nostro paese, è molto importante leggere e valutare i diversi suggerimenti dei ricercatori di altri paesi, in particolare di lingua inglese, ed adattare tali idee alle concrete e diverse necessità degli studenti che incontriamo nella realtà delle nostre classi. Ricordiamo che, ad esempio, nei paesi di lingua inglese l’incidenza di dislessici è di quasi il venti per cento della popolazione e le difficoltà che gli studenti anglofoni incontrano già nella lingua madre sono marcate.
fonte: Rossela Grenci
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Ho ritrovato questa risposta del Prof. Ademario Lo Brano. Era un fantastico insegnante della lingua inglese. La copio perchè altri colleghi e genitori possano capire quanto è ancora vero. La risposta era del 2010 LEGGI
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Per ulteriori Info
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