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Differenza fra i termini: invalidità, handicap, disabilità e non autosufficienza

Molto spesso i termini invalidità, handicap, disabilità e non autosufficienza vengono confusi ed utilizzato in maniera impropria tutto ciò senza sapere che non hanno lo stesso valore dal punto di vista legale e burocratico.

Quindi  è fondamentale capire quali sono le differenze

  • Per invalidità, si intende una diminuzione della capacità lavorativa legata ad una condizione di infermità o ad u na disfunzione; nei casi di minorenni e over 67 l’infermità si intende la capacità di svolgere in maniera adeguata le attività proprie dell’età in questione
  • Per handicap,  invece, si intende uno svantaggio sociale del soggetto deve patire a seguito della sua condizione. Chi ha una  minorazione fisica psichica o sensoriale può avere difficoltà di apprendimento e non essere in grado di stabilire relazioni lavorative proficue.
  • Per per disabilità, ancora, si intende dal punto di vista medico qualsiasi limitazione o perdita, conseguente  ad una menomazione,  e la capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza  considerati normali per un essere umano, la disabilità rappresenta l’oggettivazione e come tale riflette i disturbi a livello personale.
  • Per non autosufficienza, si intende l’impossibilità di compiere attività quotidiane senza l’aiuto fisico di una persona. Infatti per ottenere l’indennità di accompagnamento, non bisogna essere solamente invalido al 100%, la condizione fondamentale  è proprio la non autosufficienza. Ha diritto ad ottenere un accompagnatore solo il soggetti che non è in grado di camminare senza aiuto, e coloro che non sono capaci di compiere le azioni quotidiane della vita in maniera autonoma.

Piccolo elenco di centri dove è possibile fare la Diagnosi di DSA per adulti

Ho pensato che sarebbe utile creare una lista di centri ASL , centri convenzionati e privati, dove è possibile rivolgersi per fare diagnosi da adulti, diciamo dai 17-18 anni in poi, visto che non è facile trovarli ho pensato di chiedere la collaborazione di tutti.
 
Se qualcuno ha qualche centro da suggerire per favore mi contatti  sul post di  Facebook (nei commenti), contattatemi anche se notate degli errori o cambiamenti. 
 
Mi raccomando che facciano DIAGNOSI PER ADULTI.
 
Grazie

 

Centri per diagnosi di DSA per Adulti

 

 

 

“ESA” – Animali di Supporto Emotivo: come ottenere il certificato?

“Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato“

(Arthur Schopenhauer)

 

 


“ESA” è l’acronimo di “Emotional Support Animals”, letteralmente “animali di supporto emotivo”. Si tratta di cani, gatti o altri animali che svolgono per il proprietario una funzione di sostegno psicologico, aiutandolo ad affrontare situazioni che sono fonte di disagio.

In alcuni Paesi, certificare il proprio animale come ESA – “Animale di Supporto Emotivo” permette di portarlo con sé in circostanze in cui ciò non sarebbe permesso, in particolare nella cabina dell’aereo. Vediamo quindi che cos’è e come ottenere il certificato ESA per il proprio animale da compagnia.

I benefici del legame con un animale da compagnia

I benefici che derivano dal legame con un animale da compagnia sono stati ampiamenti documentati sia in campioni di persone con diverse forme di sofferenza psicologica o di disabilità fisica, sia nelle persone sane di diverse fasce di età. Gli animali da compagnia possono portare benefici alle persone in termini di salute fisica, benessere psicologico ed emotivo e funzionamento sociale.

In particolare, è stato dimostrato che l’interazione con gli animali da compagnia può avere effetti positivi sui seguenti aspetti: interazioni sociali; tono dell’u­more; parametri correlati allo stress quali cortisolemia, frequenza cardiaca e pres­sione sanguigna; paura e ansia; salute mentale e fisica (in particolare in relazione ai disturbi cardiovascolari).

In misura più limitata, sono inoltre emerse evidenze circa gli effetti positivi dell’interazione con gli animali rispetto al funzionamento del sistema immunitario, al controllo del dolore, all’aumento della fiducia nelle altre persone, alla riduzione dei comportamenti aggressivi, all’empatia e alle capacità di apprendimento (Beetz et al., 2012; Julius et al., 2012).

Evidenze scientifiche alla base del concetto di ESA – Animali di Supporto Emotivo

Gli animali da affezione possono essere una valida fonte di supporto emotivo per le persone. Nell’ambito della salute mentale, diversi studi hanno indagato in maniera specifica se e in che modo gli animali da compagnia possano rappresentare una fonte di supporto psicologico per il proprietario.

Uno studio di Wisdom e collaboratori (2009), ha osservato come gli animali da compagnia siano in grado di facilitare il recupero del benessere psicologico dei proprietari manifestando empatia nei loro confronti, agevolando i contatti sociali, fungendo da “famiglia” (in assenza o in aggiunta ad altri familiari) e contribuendo ad aumentare il senso di auto-efficacia e di empowerment.

Altri studi hanno evidenziato una correlazione positiva tra la possibilità di beneficiare del legame con un animale da affezione e il livello di integrazione nella comunità, nonché gli effetti positivi che derivano dalla compagnia dell’animale e dall’avere “qualcuno da amare” (Zimolag et al., 2009) .

Questo è vero anche per le persone affette da forme serie e persistenti di psicopatologia, che considerano i propri animali come una fonte importante di supporto sociale, capaci di offrire l’esperienza di una relazione profonda e sicura, difficile da trovare altrove. Gli animali sarebbero inoltre in grado di aiutare i loro proprietari della gestione della malattia mentale, distraendoli dai sintomi e incoraggiandoli all’attività (Brooks et al., 2016).

In altre parole, sembra che chiunque possa trarre benefici dal rapporto con il proprio animale da compagnia e che questi risultino particolarmente rilevanti per chi vive il disagio derivante da difficoltà o patologie di natura psicologica, con un effetto positivo sulla qualità di vita globale.

ESA – Animali di Supporto Emotivo: quali requisiti devono avere?

Gli ESA – Emotional Support Animals – o animali di supporto emotivo sono animali da compagnia privi di un addestramento specifico. Vengono riconosciuti come tali da un professionista della salute mentale, che ne attesta la capacità di fornire supporto a una persona che soffre di un problema di natura psicologica.

Potenzialmente quindi, può essere certificato come “animale di supporto emotivo” qualsiasi animale capace di portare benefici psicologici o di alleviare i sintomi di una persona afflitta da un disagio che ne compromette la salute e il benessere mentale.

Per poter certificare il proprio animale come ESA, è necessario:

  1. Soffrire di un disturbo diagnosticato e riconosciuto dal DSM-5 (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) – quali ad esempio la depressione, l’ansia generalizzata, il disturbo da attacchi di panico -, che compromette il funzionamento in una o più aree di vita (es. sociale o lavorativa).
  2. Ottenere il riconoscimento dell’effettivo bisogno dell’animale al fine del miglioramento della sintomatologia, dello stress o del disagio associati al disturbo. Tale valutazione compete a un professionista della salute mentale (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra), consapevole dello stato di salute mentale e dei bisogni terapeutici della persona che richiede il certificato.

È importante evidenziare che, ad oggi, la letteratura e la legislazione disponibili sugli Emotional Support Animals si riferiscono agli Stati Uniti, mentre in Italia non sono ancora presenti indicazioni specifiche in merito.

Chi può rilasciare il certificato ESA – Animali di Supporto Emotivo?

Il certificato ESA, necessario per far sì che il proprio animale sia riconosciuto come ESA o animale di supporto emotivo, deve essere rilasciato da un professionista della salute mentale: psicologo, psicoterapeuta o psichiatra.

Il certificato documenta lo stato di sofferenza psicologica della persona e la necessità di avere con sé il proprio animale da compagnia al fine di alleviare la sintomatologia o il disagio e lo stress che ne derivano.

Nel 2019, un gruppo di ricerca coordinato da Janet Hoy-Gerlach ha proposto alcune linee guida per i professionisti della salute mentale statunitensi, con lo scopo di definire le migliori pratiche da seguire nel rilascio del certificato ESA.

In accordo con le loro indicazioni, viene innanzitutto raccomandato che il professionista che rilascia il certificato sia lo stesso che segue con continuità la persona nel suo percorso terapeutico. Ciò è necessario affinché possa essere adeguatamente informato in merito alla situazione clinica del paziente e possa valutare l’effettiva necessità di riconoscere l’animale come animale di supporto emotivo.

La valutazione da parte dello psicologo, psicoterapeuta o dello psichiatra dovrà quindi determinare se il legame con l’animale da compagnia possa potenzialmente o effettivamente alleviare il disagio derivante dalla sintomatologia o la sintomatologia stessa.

Le linee guida raccomandano che il piano terapeutico concordato con il paziente includa l’integrazione dell’animale, al fine del raggiungimento degli obiettivi stabiliti (es. “superare gli attacchi di panico”): ciò rende ancor più necessaria la presa in carico continuativa da parte dello specialista che certifica l’animale come ESA, che potrà osservare l’evolversi dell’effetto del legame con l’animale sul disagio del paziente e valutare i progressi.  

Per quanto tempo è valido il certificato?

In accordo con le linee guida sopracitate, il certificato dovrebbe avere una validità di 6 mesi. Lo specialista è così invitato a monitore periodicamente i progressi della persona e il ruolo che l’animale svolge in relazione all’evolversi della sintomatologia, per valutare l’effettiva necessità della certificazione.

Quali vantaggi derivano dal certificato ESA?

Negli USA, certificare un animale come Emotional Support Animal permette di usufruire dei diritti previsti da alcune normative quali il Fair Housing Act (FHA), l’Air Carrier Access Act (ACAA), e il Rehabilitation Act (RHA).

In accordo con queste leggi, alla persona che possiede un animale certificato come ESA (generalmente un cane o un gatto) non verranno richiesti costi aggiuntivi per portare con sé il proprio animale in una casa in affitto, né gli potrà essere negato l’alloggio per via della presenza dell’animale. L’animale di supporto emotivo potrà inoltre viaggiare gratuitamente nella cabina dell’aereo insieme al proprietario.

In Italia, tuttavia, non esiste una legislazione relativa agli ESA e il certificato viene richiesto soprattutto per consentire al proprio animale di viaggiare con sé in aereo all’estero, qualora la compagnia di trasporto preveda questa possibilità.

Considerazioni in merito al benessere degli ESA – Animali di Supporto Emotivo

È importante osservare come gli animali di supporto emotivo non ricevano alcun addestramento, né siano selezionati secondo criteri specifici per svolgere questa funzione, a differenza di quanto avviene, ad esempio, per i cani guida o per gli animali coinvolti nella pet therapy.

Di conseguenza, anche se per la persona può essere un aiuto avere con sé il proprio animale, è fondamentale accertarsi di non sottoporre l’animale, certificato come ESA, a situazioni che potrebbe vivere come estremamente stressanti.

È importante quindi che chi richiede di certificare il proprio animale come ESA sia consapevole dei bisogni dell’animale in termini di salute fisica e psicologica e sia in grado di prendersene cura in maniera adeguata. A questo proposito, lo specialista può consigliare alla persona che richiede il certificato ESA di rivolgersi a un medico veterinario comportamentalista, in grado di valutare il benessere complessivo dell’animale e di fornire al proprietario le indicazioni per preservarlo e tutelarlo.

Animali di Supporto Emotivo: controindicazioni e criticità

Sebbene i benefici del legame con un animale da compagnia siano numerosi e documentati, esistono alcune circostanze in cui, per tutelare il benessere della persona o dell’animale, è consigliabile considerare altre forme di supporto.

Come si può intuire, trarranno difficilmente beneficio dal rapporto con un animale da compagnia le persone che soffrono di zoofobie (paura degli animali), che sono a disagio con gli animali o che soffrono di allergie severe che impediscono un’interazione sicura con loro.

Per garantire il benessere dell’animale, è inoltre fondamentale che la persona sia in grado di prendersene cura in maniera adeguata (o possa contare su qualcuno che lo faccia al suo posto) e non abbia mai manifestato aggressività o violenza nei confronti degli animali. 

Infine, è importante considerare che, spesso, l’aspettativa di vita degli animali da compagnia è inferiore a quella delle persone, perciò è molto probabile che il proprietario debba prima o poi affrontare la morte del proprio amico non umano e il lutto che ne deriva.

La perdita del proprio animale da compagnia è, come la perdita di una persona cara, fonte di grande sofferenza. A maggior ragione, se l’animale rappresenta non solo un affetto importante ma anche il fulcro del nostro equilibrio psicologico, la sua morte rischierà di farci sentire inermi e impotenti di fronte alle difficoltà in cui ci sosteneva.

Certificare il proprio animale da compagnia come ESA? Il mio punto di vista

Di fronte a un disagio psicologico, un animale da compagnia può essere indubbiamente un prezioso alleato. Personalmente però, ho almeno due perplessità rispetto alla certificazione degli animali di supporto emotivo:

Una legislazione poco chiara: il certificato è davvero utile?

In Italia, la legislazione in merito alla certificazione ESA non è chiara e non sembrano essere garantiti privilegi a chi la possiede. All’estero, invece, sembra essere utilizzata in maniera preponderante per consentire al proprio animale di viaggiare con sé in aereo. Questo ha fatto sì che le certificazioni ESA diventassero un business e venissero rilasciate attraverso siti web appositamente creati, che non ne valutavano l’effettiva necessità.

In seguito al proliferare di certificazioni, molte compagnie aeree hanno scelto di non ammettere in cabina animali di supporto emotivo. In altre parole, non è scontato che ottenere il certificato ESA garantisca di poter viaggiare con il proprio animale, nemmeno se la nostra paura di volare e i benefici che derivano dalla presenza del nostro animale da compagnia sono documentati da un professionista!

Dipendenza o autonomia?

La mia seconda riflessione riguarda il rischio, insito nella certificazione ESA, di sviluppare un rapporto di dipendenza nei confronti del proprio animale da compagnia: “senza di lui/lei non posso farcela!”.  Si può superare un problema psicologico basandosi contando solo sul supporto offerto da qualcun altro, umano o animale che sia?

L’animale da compagnia può sicuramente essere parte del percorso di cura ma, laddove possibile (ed è il caso della maggior parte dei disturbi in relazione ai quali viene richiesto il certificato ESA: ansia, fobie specifiche, attacchi di panico…), l’obiettivo dev’essere quello di arrivare a sviluppare le competenze che ci permettano di affrontare da soli le situazioni che temiamo o che ci fanno sentire a disagio.

Finché avremo bisogno di qualcuno su cui appoggiarci, continueremo a sentire che da soli non saremmo in grado di farcela e il disagio e le difficoltà si ripresenteranno come un boomerang nel momento in cui quel prezioso supporto dovesse venire a mancare.

In questo senso, trovo importanti due principi descritti nelle linee guida per la certificazione ESA: la durata di 6 mesi del certificato e la continuità della presa in carico da parte del professionista che lo rilascia. In questo modo, il ruolo dell’animale può essere riconosciuto e integrato nel percorso terapeutico, perseguendo l’obiettivo di superare le difficoltà che impediscono di vivere serenamente e in piena autonomia.


Fonti bibliografiche

Beetz, A., Uvnäs-Moberg, K., Julius, H., & Kotrschal, K. (2012). Psychosocial and psychophysiological effects of human-animal interactions: the possible role of oxytocin. Frontiers in psychology3, 234.

Brooks H, Rushton K, Walker S, Lovell K, Rogers A. (2016). Ontological security and connectivity provided by pets: a study in the self-management of the everyday lives of people diagnosed with a long-term mental health condition. BMC Psychiatry, 16(1):1–12.

Hoy-Gerlach, J., Vincent, A. & Lory Hector, B. Emotional Support Animals in the United States: Emergent Guidelines for Mental Health Clinicians. J. Psychosoc. Rehabil. Ment. Health 6, 199–208 (2019)

Julius, H., Beetz, A., Kotrschal, K., Turner, D., & Uvnas-Moberg, K. (2014). L’attaccamento agli animali. Una visione integrata della relazione uomo-animale nella pet therapy. Hogrefe. 

Wisdom JP, Saedi GA, Green CA (2009). Another breed of ‘‘service’’ animals: STARS study findings about pet ownership and recovery from serious mental illness. Am J Orthopsychiatry, 79(3):430–6.

Zimolag U, Krupa T. Pet ownership as a meaningful community occupation for people with serious mental illness. Am J Occup Ther., 63(2):126–37.


Fonte: Dott.ssa Elisa Silvia Colombo

Le mappe vanno approvate dai docenti prima di usarle?

Più volte sentiamo dire che le mappe concettuali sono un metodo di studio e ogni studente deve fare le proprie, seguendo il proprio  ragionamento, ma che si può fare quando un insegnante queste mappe non le accetta per svariati motivi?

Nelle normative non è scritto da nessuna parte che le mappe debbano essere approvate dai docenti, c’è però il DM 5669 del 12 luglio 2011 art. 4 comma 4 che dice:
«Le Istituzioni scolastiche assicurano l’impiego degli opportuni strumenti compensativi, curando particolarmente l’acquisizione, da parte dell’alunno e dello studente, con DSA delle competenze per un efficiente utilizzo degli stessi. »

Questo significa che, se un insegnante ritiene che non siano fatte come si dovrebbe, deve insegnare allo studente a farle correttamente e non può certo limitarsi a vietarle.

Gli insegnanti hanno il dovere di vigilare affinché questi studenti apprendano tutto quello che possono apprendere e siano messi nella condizione di dimostrare quello che sanno e sanno fare senza essere penalizzati dal loro disturbo, e hanno il compito di promuovere l’acquisizione delle competenze necessarie per un efficiente utilizzo degli strumenti compensativi. 

L’uso delle mappe rientra nell’autonomia di studio e vanno predisposte dall’alunno stesso secondo il suo “profilo di funzionamento”.

Nell’attesa che lo studente impari a farle da solo, la scuola non può o meglio non dovrebbe abbandonarlo (eppure accade) quindi dovrebbe trovare strategie alternative che andranno scritte nel PDP. 


 Le Linee Guida per i DSA del 2011 allegate al DM 5669/11 raccomandano l’uso di mappe: «Si raccomanda, inoltre, l’impiego di mappe concettuali, di schemi, e di altri mediatori didattici che possono sia facilitare la comprensione sia supportare la memorizzazione e/o il recupero delle informazioni» (pag. 18), ma attenzione gli studenti con DSA anche se hanno diritto ad usare durante le verifiche gli strumenti compensativi definiti nel PDP, questi  non devono essere riassunti camuffati da mappe.


Gli insegnanti hanno il dovere di vigilare affinché questi studenti apprendano tutto quello che possono apprendere e siano messi nella condizione di dimostrare quello che sanno e sanno fare senza essere penalizzati dal loro disturbo, e hanno il compito di promuovere l’acquisizione delle competenze necessarie per un efficiente utilizzo degli strumenti compensativi (DM 5669/11 art. 4 c. 4).

Senza dubbio può rientrare in un processo di supporto all’autonomia di studio anche il controllo preventivo delle mappe utilizzate durante le verifiche, accompagnato si spera anche da una azione educativa per spingere a costruirne di veramente efficaci.

Le mappe servono per organizzare ed esprimere meglio le conoscenze apprese.

Nelle Linee guida allegate al DM n. 5669/11  pag. 8, troviamo una definizione di cui è importante tenere conto: gli strumenti compensativi «sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo» ciò significa che  le mappe  non sono facilitatori


Molti insegnanti chiedono che le  mappe contengano solo le parole chiave, ma nei casi in cui la memoria di lavoro presenta delle carenze (comprovata da certificazione), nonostante lo studio lo studente non riuscirà, durante la verifica, a ricordare tutto il necessario, quindi per lui sarà quasi impossibile dimostrare ciò che sa fare (dipende dal livello di gravità del DSA). 

Sarebbe come togliere gli occhiali a un miope. 

Maturità 2023: i 5 punti bonus

I candidati alla maturità 2023 che vogliono prendere un voto alto possono contare sui cinque punti bonus, che i docenti della commissione possono scegliere di attribuire ai candidati, OM. 45 del 2023 art 16 c. 9- c (pag. 14).

Per assegnarli però devono prima verificare che la situazione del candidato rispetti una serie di requisiti. 

La prima cosa che occorre tener presente è che per sapere se si può accedere ai punti di bonus o no occorre aspettare di superare l’esame orale della maturità.

Le condizioni fissate dal Miur per l’assegnazione di fino a 5 punti bonus in più sono infatti due:

  • essere stati ammessi all’Esame di Stato con almeno 30 crediti;
  • aver totalizzato almeno 50 punti alle 3 prove d’esame.

Questo significa che la commissione potrà assegnare il bonus solo ai maturandi che, senza alcun aiuto, sono arrivati a prendere il diploma con 80.

Attenzione però: queste due condizioni sono necessarie, ma non sufficienti.

I 5 punti non verranno infatti assegnati a tutti coloro che le soddisfano, ma solo ai ragazzi che verranno ritenuti meritevoli dai commissari.

Difficile dire, quindi, quali altri fattori vengano presi in considerazione dato che molto dipende dai professori.