Archivi categoria: Legge e diritti

Cosa deve scrivere la famiglia  nella sezione  1 del PEI?

I genitori non sono obbligati a fornire queste informazioni, ma è una opportunità che viene data loro per poter integrare formalmente la descrizione del minore, soprattutto se ritengono che il quadro che emerge dalla documentazione clinica o dall’osservazione in contesto scolastico risulti non adeguato a far emergere le potenzialità del loro figlio.

Gli insegnanti, assieme eventualmente agli altri membri del GLO, possono offrire loro un supporto alla sua redazione, come indicato nelle Linee Guida a pag. 13.

Per la scuola secondaria di II grado la sezione è integrata da una parte gestita dallo studente stesso.

Un ragazzo che usa strumenti compensativi può prendere voti alti?

Gli strumenti compensativi non rappresentano mai una facilitazione ma hanno lo scopo di mettere lo studente con DSA nello stesso piano degli altri. Quindi la risposta al questio è CERTAMENTE SI’.

Non si troverà mai da nessuna parte un elenco “ufficiale“ oppure esaustivo di tutti gli strumenti compensativi e dispensativi.

Ma quello che la legge, giustamente, indica, è la definizione degli stessi, dunque qualsiasi strumento che svolge la funzione di compensare, oppure dispensare, uno studente con DSA va bene, come indicato nella norma di riferimento DM n. 5669 del 12 luglio 2011   e  Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA – allegate al DM n. 5669

nello specifico: DM 5669/11 art. 6 c. 2: Le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare

Che gli strumenti compensativi non siano una facilitazione è detto espressamente nelle Linee Guida MIUR per i DSA del 2011, pag. 7. Gli strumenti compensativi sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo.”

Se gli insegnanti ritengono che gli strumenti compensativi usati da uno specifico studente rappresentino per lui una facilitazione hanno il dovere di promuovere competenze e autonomie di studio più efficaci, ma questo non c’entra nulla con la valutazione.


In questo stralcio di video di un convegno del Prof. Guido Dell’Acqua (uno dei referenti area BES del MIUR), viene affrontato in maniera inequivocabile questo aspetto.

Vengono esplicitati diversi punti:

  • Alcuni insegnanti non danno la possibilità di utilizzare strumenti (compensetivi e/o dispensativi) e questo costituisce attività illecita, anche di natura DISCRIMINATORIA;
  • La normativa dice che si può dare, per una verifica scritta, o del tempo in più, o degli esercizi in meno, se, facendo un esempio, ci sono 10 esercizi e l’insegnante dice allo studente di farne solo 7 e di sceglierli lui, è una cosa terribile,  è il docente che deve fare la riduzione e scegliere quali deve fare;
  • in alcuni casi (purtroppo FREQUENTI) in  cui tali strumenti non sono negati,  tuttavia, c’è il malcostume di alcuni docenti di ridurre il voto massimo per quegli alunni che hanno svolto la prova utilizzando strumenti compensativi e dispensativi : <<Ci sono dei Professori che riducono la verifica però dicono: “tu come voto massimo hai 7, perché hai gli strumenti quindi di più non posso darti”.   Questo è imbarazzante….>>.

<<E’ talmente illegale che tutto ciò prefigura anche l’ipotesi di condotta discriminatoria, ex Legge 67 del 2006>>.

L’alunno con DSA ha diritto a prendere il massimo dei voti, se la verifica è svolta bene.


Se vi doveste trovare in una simile condizione, chiedete all’insegnante qual è la normativa che gli consente di partire dal voto 8 (o amche meno), non saprà cosa rispondervi perchè non esiste, per tutti gli studenti, di qualsiasi “tipologia”, il voto per essere valutati parte da 10 (voto in decimi), anche se usano strumenti compensativi.

Questo sia che si sia in una secondaria di secondo grado (dpr 122/2009) sia che si sia in una secondaria di I grado (62/2017) o in una primaria (OM 172/2020).

Asserire una cosa diversa evidenzia una GRAVE lacuna nel profilo professionale.

Le mappe vanno approvate dai docenti prima di usarle nelle verifiche?

Nelle normative non è scritto da nessuna parte che le mappe debbano essere approvate dai docenti per essere poi usate in verifica (o agli esami finali di fine ciclo), ma non c’è scritto neanche che questa procedura non si possa fare.

Il DM 5669 del 12 luglio 2011 all’art. 4 comma 4 dice:
«Le Istituzioni scolastiche assicurano l’impiego degli opportuni strumenti compensativi, curando particolarmente l’acquisizione, da parte dell’alunno e dello studente, con DSA delle competenze per un efficiente utilizzo degli stessi. » ciò significa che, se un insegnante ritiene che le mappe non siano fatte bene (per un qualsiasi motivo), deve insegnare allo studente a farle correttamente, ovviamente  sempre tenendo presente il suo profilo di funzionamento (dell’allievo non del docente, questa cosa spesso viene fraintesa) ma non solo, deve anche insegnare ad usarle,  non può certo limitarsi a vietarle.

ATTENZIONE: Fare delle mappe funzionali non è un’abilità che si acquisisce in poco tempo, nell’attesa che lo studente impari a farle (trovando una via di accomodamento fra come gli servono e come il docente le vorrebbe), non si può lasciare lo studente senza strumenti durante le verifiche, quindi si dovrà decidere come procedere nell’attesa che questa  competenza venga appresa e scrivere questa strategia nel PDP e non abbandonare lo studente in “balia della sua caratteristica” (lasciarlo senza strumento).

Molti insegnanti chiedono che le  mappe contengano solo le parole chiave (4 parole in croce per un capitolo di magari  di 40 pagine), ma nei casi in cui la memoria di lavoro sia carente , nei casi in cui c’è una problematica di linguaggio (nelle verifiche orali), o altre difficoltà comprovate da certificazione, nonostante lo studio, lo studente non riuscirà mai ha dimostrare quello che sa e sa fare con mappe così stringate,  ecco perchè come già detto, le mappe devono essere fatte sul profilo di funzionamento del ragazzo e nessuno meglio di lui sa cosa gli serve

Sarebbe come togliere gli occhiali a un miope. 
SI RICORDA CHE:

Dalle Linee Guida per i DSA del 2011 allegate al DM 5669/11 (DECRETO ATTUATIVO LEGGE 170/10)

  • a pag. 18: raccomandano l’uso di mappe: «Si raccomanda, inoltre, l’impiego di mappe concettuali, di schemi, e di altri mediatori didattici che possono sia facilitare la comprensione sia supportare la memorizzazione e/o il recupero delle informazioni»
  • a pag 7:  «sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo», ciò significa che  le mappe  non sono facilitatori

Ma attenzione, questi mediatori didattici non devono essere riassunti camuffati da mappe.

Non si aspetta il momento della verifica e negare l’uso di uno strumento previsto dalla legge e dal PDP.

Negare l’uso di uno strumento previsto nel PDP è un’inadempienza, che potrà poi essere contestata dalla famiglia, con richiesta di annullamento del voto.

Sempre dalla linee guida allegate al DM 5669/11 a pag 21 si legge:
«non realizzare le attività didattiche personalizzate e individualizzate, non utilizzare gli strumenti compensativi, disapplicare le misure dispensative, collocano l’alunno e lo studente in questione in uno stato di immediata inferiorità rispetto alle prestazioni richieste a scuola, e non per assenza di “buona volontà”, ma per una problematica che lo trascende oggettivamente: il disturbo specifico di apprendimento.
Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni, oltre a non avere rilevanza sul piano dell’apprendimento – come la lettura ad alta voce in classe – evita la frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà.»

Negare l’ausilio di strumenti compensativi e di forme di verifica convenientemente programmate, concordate ed adeguate, non solo si configura come un’ inosservanza al PDP e alla normativa nazionale sui disturbi specifici dell’apprendimento, ma rappresenta un vero e proprio caso di discriminazione indiretta previsto e sanzionato dalla legge Legge 67/06 art 2 comma 3:
“Si ha una discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”

[il termine disabilità riferito alle difficoltà di apprendimento ha uno scopo etico di protezione sociale: è utile quando viene utilizzato per rivendicare un diritto a Pari Opportunità nell'Istruzione. Quella della disabilità è, infatti, una relazione sociale, non una condizione soggettiva della persona (dal sito del MIUR panel di aggiornamento e di revisione della Consensus Conference pag 22)].

 

Cosa significa programmazione didattica per “obiettivi minimi”?

Il termine obiettivo minimo non è mai stata riportato in nessuna norma.
Arrivare agli obiettivi minimi  è , detto in parole povere, arrivare al 6 (voto), ma questo vale per tutte le tipologie di studenti, per essere ammesso alla classe successiva lo studente deve arrivare almento alla sufficenza in tutte le discipline.
Quindi si può dire che il programma per “obiettivi minimi” NON esiste.
 
Purtroppo è una espressione che genera tanti equivoci e, per questo motivo, sarebbe da evitare.
 
Oggi con l’applicazione del “nuovo PEI” Dlgs 182 del 2020 e del Dlgs 153 del 2023 che lo ha modificato, la dicitura corretta è Obiettivi personalizzati.
 
Gli  OBIETTIVI PERSONALIZZATI, sono obiettivi “tarati” su quel determinato studente con “particolari” caratteristiche (Legge 104/92).
 
Per gli studenti con disabilità è possibile ridurre gli obiettivi della classe fino ai contenuti ritenuti essenziali (della disciplina) rimanendo tuttavia dentro la programmazione della classe.
 
Per gli studenti con disabilità anche i criteri di valutazione possono essere personalizzati e in questo caso vanno definiti nel PEI materia per materia.
 
Nel primo ciclo tutte le personalizzazioni portano al diploma.
Nel secondo ciclo molto meglio parlare di equipollenza delle prove, perchè la non equipollenza non porta al diploma.

La situazione degli studenti con DSA è diversa perchè la programmazione didattica deve essere la stessa della classe.

Questi studenti sostengono le verifiche e le prove degli esami uguali ai loro compagni, ma  strutturate secondo i loro bisogni e specificati nnel PDP ( tempi aggiuntivi e uso di strumenti compensativi ed entro certi limiti è possibile personalizzare i criteri di valutazione, ad esempio assegnando maggior peso ai contenuti e meno alla forma).

Gli insegnanti possono rifiutarsi di scrivere del PEI alcune cose?

Durante il GLO i genitori e il rappresentante dell’equipe clinica, possono proporre di inserire nel PEI  cose  a loro giudizio, indispensabili, quali:
– intervento in classe di specialistri
– strumenti compensativi e dispensativi
– ecc…

Se c’è disaccordo fra i membri del GLO, si passa ai voti?

Il GLO non è un organo collegiale ma un gruppo di lavoro.

Nessuna norma parla di votazioni,  queste richieste possono essere non accolte ma vanno verbalizzate spiegando perchè vengono respinte, Dlgs 153/23 art. 3 c. 9:

«9. Il GLO elabora e approva il PEI tenendo in massima considerazione ogni apporto fornito da coloro che, in base al presente articolo, sono ammessi alla partecipazione ai suoi lavori, motivando le decisioni adottate in particolare quando esse si discostano dalle proposte formulate dai soggetti partecipanti.»

Ovviamente se gli insegnanti non prendono in considerazione i suggerimenti dei genitori e del rappresentante dell’equipe medica gli insegnanti se ne assumo le responsabilità.