Chiunque abbia memoria della propria prima media – o, come me, sia genitore di un undicenne – lo sa: l’ingresso nella prima realtà scolastica “da grandi”, quella che si pone come linea di confine tra gli anni dell’infanzia e quelli dell’adolescenza, è duro.
Immaginate poi che sia la vostra prima esperienza di scuola, che siate fino a quel momento vissuti in una realtà difficile ma protetta, che i vostri contatti con i coetanei siano sempre stati ridotti al minimo.
E che, soprattutto, la natura non vi abbia aiutato molto affibbiandovi una faccia che, nella migliore delle ipotesi, fa soffocare un grido di sorpresa sulle labbra di chi vi incontra.
Questa è la situazione di August, undici anni e una rarissima malattia genetica che rende il suo volto deforme.
Un buon numero di anomalie evidenti che molteplici interventi chirurgici non sono riusciti ad annullare rendendolo un ragazzo fisicamente diverso da tutti gli altri, ma lasciando intatta la sua brillante intelligenza e la sua sensibile personalità.
Noi lo conosciamo qui, sulla soglia del suo complesso decollo, nel momento in cui i suoi premurosissimi e affettuosi genitori decidono che, per il suo bene, è meglio che cominci a frequentare una vera scuola e si confronti con i ragazzi della sua età.
R.J. Palacio – scrittrice americana al suo debutto letterario – ci racconta in “Wonder” – romanzo di successo mondiale, vincitore di molteplici premi e riconoscimenti e pubblicato in Italia da Giunti – il primo anno scolastico di Auggie, da un inziale momento di rifiuto fino alle conquiste finali, attraverso un percorso faticoso, ma anche bello e importante, di crescita.
La struttura del libro è corale: non è soltanto il protagonista a narrare, con simpatia, sincerità e deliziosa autoironia, le sue esperienze ma, ad alternarsi alla sua voce, ci sono quelle degli amici, dei familiari, dei compagni di scuola.
Gli eventi vengono quindi ri-raccontati da punti di vista diversi, chiarendone in tal modo la natura, facendo luce su sentimenti ed emozioni contrastanti, ed offrendo un quadro completo e ampiamente partecipato.
La storia ne guadagna in vivacità e carattere, in brio e spirito.
Ciò che colpisce di “Wonder”, infatti, è la sua piacevolezza, il fatto che nonostante il tema ostico – che probabilmente farà scattare la smorfia di pregiudizio in molti lettori timorosi di incappare nel libro strappa-lacrime frutto di dubbia operazione commerciale – si riveli una lettura gustosa, si lasci sfogliare d’un fiato, strappando sovente il sorriso.
Auggie è un personaggio adorabile: sensibile, intelligente, spiritoso, affettuoso, ma allo stesso tempo dotato di quella leggerezza propria dell’età.
Sotto il peso della sua gravosa fisicità si fanno spazio i comportamenti e di bisogni di tutti gli adolescenti, le passioni e gli interessi dei suoi coetanei, i modi di parlare, di analizzare il reale, la spinta ad essere liberi e a crescere.
Più ci si addentra nella lettura e più ci si rende conto della verità di quanto il protagonista dichiara in apertura: “E io mi sento normale. Voglio dire dentro”.
Ma mai tanta normalità, di fatto, dell’anima è stata conquistata, e dimostrata, a fatica.
August dovrà sopportare sguardi di sottecchi, facce basite, compagni di scuola che lo evitano e addirittura non vogliono toccarlo, scherzi e commenti di bulletti, perfino un’aggressione in piena regola…
Fortunatamente non sarà mai davvero solo: oltre alla sua splendida famiglia – padre, madre e sorella – ci saranno nuovi amici, dapprima pochi – la bella e gentile Summer e Jack, il vicino di banco – poi, via via, man mano che la personalità del ragazzo riuscirà a trovare la sua strada e la sicurezza si farà più solida, sempre di più, fin quando la cerchia non diverrà davvero grande in un positivo, e forse un po’ troppo zuccheroso, finale.
Un romanzo che non mi piace limitare definendolo “sulla diversità”, riterrei più giusto considerarlo una storia di crescita, di maturazione, seppure in circostanze limite segnate dalla malformazione fisica.
E’ stato coraggioso, da parte dell’autrice, collocare una storia e un personaggio così pensati negli anni della preadolescenza, quando l’aspetto fisico, la conformità e la legge del branco fanno da padroni e i ragazzini finiscono per farsi un complesso anche di un brufolo in più o un paio di chili di troppo.
Coraggioso ma significativo e ciò rende “Wonder” una lettura che, pur se gradevole e assolutamente non pesante, possiede qualcosa da comunicare al cuore, muovendo qualche riflessione e magari spingendo i giovanissimi lettori ad accettarsi con più indulgenza.
E a guardare gli altri con meno superficialità e maggiore gentilezza.
Altro aspetto che colpisce nel romanzo è la caratterizzazione della famiglia di Auggie: un quartetto affiatatissimo, armonioso e affettuoso quasi all’inverosimile (seppure con qualche accennata, ma giusta, nota di difettosa umanità).
Una scelta che da un lato potrebbe attirare le critiche di scarsa verosimiglianza: dove sono le crisi e le difficoltà di una realtà famigliare segnata dall’handicap?
Dall’altro però – ed è l’interpretazione che preferisco – denota la volontà di voler sottolineare una verità importante: là dove c’è un substrato solido e affettivo, fortemente accettante e amorevole, anche la diversità più estrema può sfumare e il carattere formarsi comunque sicuro, il ragazzo diventare pronto ad affrontare il mondo con le carte, lo spirito e forza giusta.
Qualcosa su cui noi genitori, pur se non chiamati a confrontarci con situazioni complicate come quella del romanzo, possiamo sicuramente, e proficuamente, riflettere.
(età consigliata: da 11 anni)
fonte: Giunti