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“Bollato” dai professori come “pecora nera” della classe. Era dislessico

dislessiaTERMOLI – Considerato dai docenti di una scuola media di Termoli un elemento di disturbo della classe, una “pecora nera” con poca voglia di studiare. Ed invece, era solo un ragazzino dislessico di cui nessun docente si era reso conto. Lo denuncia la madre del ragazzo, di 14 anni, dimorante in città,che richiama l’attenzione di docenti e coordinatori didattici del posto ad una maggiore attenzione nei confronti della dislessia e delle esigenze di tali alunni, spesso poco capiti in classe, scambiati per persone iperattive, svogliate o, nel peggiore dei casi, per studenti con poca voglia di studiare, demotivandoli e portandoli all’abbandono della scuola.
 
E’ quanto accaduto al quattordicenne termolese che ha terminato l’anno scolastico lo scorso mese di giugno in preda ad una profonda depressione. Il minore, già vittima di un incidente stradale grave che lo aveva costretto a vari interventi chirurgici per le gravissime lesioni riportate, grazie alla caparbietà della madre, è ora seguito da specialisti in grado di motivarlo e permettergli di proseguire gli studi con maggiore sicurezza e tranquillità.
 

I problemi scolastici sono iniziati all’inizio dello scorso anno scolastico con la terza media – ha dichiarato la madre del minore, anch’essa di Termoli -. Mio figlio a 12 anni è stato investito da un’auto che poi è fuggita e lui non si è mai ripreso completamente da questo grave episodio che lo ha lasciato con una dismetria alla gamba destra dopo 2 interventi chirurgici di ricostruzione di un ginocchio a Bologna. Se ci si aggiunge anche una miopia congenita ad un occhio dalla nascita, si può capire che, per lui, non è stato affatto facile inserirsi a scuola. In terza media, però, la situazione è peggiorata. Il ragazzino era considerato un cattivo alunno che non voleva studiare. Addirittura alcuni commenti di professori nei suoi confronti mi hanno ferita profondamente. Per gli insegnanti era una specie di pecora nera. Problemi continui con le interrogazioni, con i compiti a casa e nei comportamenti con gli altri compagni. Nessuno aveva capito nulla. La stessa preside mi ha contattata per sottopormi la questione ma io non ho mai creduto alle loro tesi. Mi sono rivolta privatamente ad una psicologa del posto che si è subito resa conto, dopo i primi test, della sua patologia. Il ragazzo soffre di disgrafia e disturbo specifico dell’apprendimento. Lo scorso mese di marzo la prima diagnosi di Dsa confermata dall’Asrem che gli ha riconosciuto il sostegno scolastico della legge 104/92. Ora è seguito da specialisti ed avrà un piano di studi personalizzato. Ma per arrivare a questo abbiamo passato entrambi un lungo periodo che ricordo come un incubo”. Il calvario prima personale e poi scolastico del quattordicenne, durato anni, ha convinto la madre a rivolgersi all’associazione nazionale di dislessia con la quale è in contatto. “Ho iscritto mio figlio al Liceo pedagogico di Guglionesi i cui docenti sono preparati per affrontare queste situazioni – ha concluso la donna -, ma sono molto amareggiata per quanto accaduto nella scuola media a cui era iscritto e dalla quale mio figlio ne è uscito frustrato e convinto di non valere niente. Il percorso, ora, per il suo recupero è in salita ma si affronta con una nuova consapevolezza e con il supporto di chi è professionalmente preparato. La mia caparbietà e fiducia in lui mi hanno permesso di andare fino in fondo e salvarlo dall’abbandono scolastico”.

 

La donna con il supporto dell’associazione nazionale vuole sensibilizzare al problema che vivono molti bambini e ragazzini, spesso incompresi dagli stessi educatori. Sulla vicenda la preside si difende. “Fare una diagnosi di dislessia non spetta alla scuola” dice la dirigente della scuola media Matilde Tartaglia interpellata sulla vicenda del minore di 14 anni, affetto da dislessia ma incompreso dai docenti che lo avevano “bollato” come un elemento di disturbo della classe, un cattivo alunno.

Io ho seguito questo ragazzo solo al terzo anno e, per quello che è stato fatto nei 2 anni precedenti, non posso rispondere – ha proseguito la coordinatrice scolastica -. Per quello che mi riguarda, nel momento in cui il problema comportamentale di questo alunno è stato posto alla mia attenzione, ho fatto subito chiamare la madre a cui è stato chiesto di intervenire. Noi abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare per lui anche accogliendo la psicologa che ha fatto la diagnosi di dislessia che è venuta a sottoporci un piano di studi per il ragazzo. Di più non si poteva fare”.

La preside in riferimento alla mancata comprensione da parte dei docenti della scuola media della problematica del minore “assolve” i professori. “Nel 2010 con la riforma, a Termoli sono stati fatti dei corsi di formazione per i docenti per cui ho piena fiducia negli insegnanti e nel loro operato”.

Il vice sindaco Maria Concetta Chimisso, preside dell’Istituto Alberghiero di Termoli spiega: “Quante ingiustizie si sono portate avanti nei confronti dei bambini ed adolescenti dislessici, scambiati per bambini svogliati, pigri e con poca voglia di studiare. E’ un fenomeno piuttosto diffuso, bisogna accettarlo. Su questo argomento lo scorso anno è stato fatto un progetto con il primo circolo.  Alle famiglie dico che la diagnosi precoce è motivo di serenità per il futuro. Per come sono composte le nostre scuole non è previsto il sostegno. Però, in genere, applicare una didattica differenziata su un alunno, c’è un miglioramento per tutta la classe”. 

 
Negli ultimi 2 anni, sono 5 le famiglie che si sono rivolte all’assessorato comunale alle politiche sociali per informazioni su come organizzare la didattica ed altro. A Termoli, attualmente, c’è l’Asrem che si occupa della diagnosi della dislessia, sia un centro-laboratorio privato in centro. 
 

La maturità di Alberto una lezione per noi tutti

di Amelia Cartia

ALBERTOUn applauso, qualche lacrima di commozione, una soddisfazione lunga cinque anni. L’esame di maturità è un traguardo memorabile, per tutti gli studenti che dall’età dei compiti passano in un momento a quella dei doveri. Per tutti, e per qualcuno un poco di più. In quinta C, al Liceo delle Scienze umane Giambattista Vico di Ragusa, a sostenere l’esame sono state diciassette ragazze: diciassette speranze, tutte così simili nella loro unicità. Tra loro un solo compagno di classe, unico ometto in un consesso di piccole donne, basterebbe questo a rendere a chiunque la vita un tantino difficile: ma non è il genere ciò che rende Alberto diverso dalle sue compagne.

Alberto Occhipinti, diciotto anni, un diploma appena conquistato, combatte dalla nascita con l’autismo, una sindrome la cui eziologia non é ancora estremamente chiara. Lunedì scorso, applaudito da quasi tutte le sue compagne, tornate tra i banchi apposta per l’occasione, Alberto ha “discusso” a suo modo la sua tesina di maturità. Discusso un po’ più piano degli altri, un po’ più lentamente, ma non meno approfonditamente. E soprattutto: in un modo che è solo suo.

 

«A causa della sua situazione particolare – ci ha spiegato la prof. Ignaziella Minardi, sua docente – Alberto non parla mai spontaneamente. Lui legge. E comunica per iscritto». Scrive per parlare, scrive per chiedere, scrive per dire che non vuole dire niente. «Sono assente – scrive quando protesta, chissà contro cosa, chissà contro chi – Sono lontano». Lontano lo è spesso, però mai solo. E mai meno attento degli altri. Neanche in sede d’esame.

 

L’esame, per gli studenti speciali come lui, segue una strada parallela ma non separata da quella dei compagni di classe: uguali le date, uguali gli appuntamenti, uguale l’impegno. Un gradino più facile, naturalmente, il testo della seconda prova scritta; più breve la stesura del tema e tutta incentrata sulla tesina argomentata a piacere la prova orale. Tutta letta, per forza di cose, ma tutta scritta da Alberto.

«Il tema che ho scelto – ha scritto Alberto alla sua insegnante – sono i Simpson. Sottotitolo: compagni contagiosi. Perché contagiosa è la bontà dei personaggi». Esprime piano idee chiarissime, Alberto, e con un piccolo aiuto da chi lo ama sviluppa un tema complesso. Da un cartone animato cult arriva a discutere di filosofia e di antropologia, di storia e di letteratura.

 

Homer Simpson come emblema del tema dell’inetto descritto da Italo Svevo; le avventure nello spazio dello stesso eroe giallo servono a spiegare la forza di gravità in fisica; i racconti di nonno Abe danno lo spunto per affrontare la seconda guerra mondiale; lo studio di una famiglia un po’ matta diventa un caso di studio antropologico. Perfino Karl Marx, chiamato in causa dalle creature disegnate da Matt Groening, arriva a discettare di filosofia e capitalismo nella tesina di Alberto, mentre il fenomeno dei terremoti nella cittadina di Springfield sposta l’attenzione sulle scienze della terra.

 

Terminata la sua esposizione, si è rivolto alla madre: «Mamma! Sono stato bravo». E lo è stato davvero. «Il lavoro è di Alberto – dice con orgoglio la sua insegnante – e lui ne ha scritto con competenza: anche nella discussione in lingua inglese si è dimostrato preparato, e ha stupito tutti con la sua pronuncia. Tutto quello che ho dovuto fare io è stato selezionare gli spezzoni degli episodi del cartone animato e montarli sulla presentazione power point con l’aiuto del padre di Alberto e delle colleghe».  …CONTINUA A LEGGERE…

fonte: www.lasicilia.it

La BICI-BANCO per gli studenti iperattivi (ADHD)

Di ADHD (sindrome sindrome da deficit di attenzione e iperattività) ne soffre dal 5% all’8% degli alunni.

Gli alunni maschi hanno una probabilità maggiore, quasi tre volte, di essere colpiti rispetto alle femmine.

Gli specialisti sono concordi nell’affermare che “Uno dei maggiori problemi nelle scuole è il deficit di attenzione. Ci sono studenti che hanno tanto bisogno di muoversi.  Ma spesso disturbano la classe.”

Quindi come conciliare questa loro caratteristica con il fatto che devono passere 5 -6 …… ore sui banchi?

BICI-BANCO-YOUR-EDU-ACTIONForse la risposta sta arrivando….. una fabbrica statunitense di biciclette  ha progettato la BICI-BANCO.

Può considerarsi un “incrocio” fra il tradizionale banco solastico e una cyclette, ovviamente senza manubrio e con un ripiano sotto al piano principale sul quale poggiare libri, quaderni, penne, matite, ecc…..

I prototipi sono stati portati in alcune scuole Statunitensi e Canadesi  i risultati sono stati sbalorditivi! Gli insegnanti hanno notato subito la differenza.

Visto che da noi ancora non è possibile reperirlo o per lo meno con costi accettabili, per chi volesse fare una prova, può optare con una semplice pedaliera da posizionare sotto il classsico banco.

 

pedalieraLa pedaliera è aquistabile online anche su amazon

ATTENZIONE ai negazionisti della dislessia

CHI SONO I NEGAZIONISTI DELLA DISLESSIA ?

IL MESSAGGIO NEGAZIONISTA

negaOgni anno, e specialmente in prossimità dell’approvazione di normative o decreti sul mondo della scuola spuntano come funghi articoli filmati e altre forme di divulgazione di quello che pare essere un comune messaggio relativo alla tematica della dislessia.
Quello che vediamo è un messaggio Negazionista cioè il messaggio di chi vuol far credere, a chi legge l’articolo o vede il filmato, che : LA DISLESSIA NON ESISTE !

Questo è il messaggio negazionista nudo e crudo ed è il fine ultimo (o sarebbe meglio dire penultimo) della loro propaganda.

Tale affermazione è facilmente smentibile con i fatti o con una ricerca su internet, ma l’obiettivo del negazionista non è affermare un concetto, ma semplicemente creare il dubbio.

COME VIENE DIVULGATO

In passato i negazionisti scrivevano articoli e li divulgavano su tutti i giornali Italiani, i quali successivamente pubblicavano anche delle smentite a seguito della miriade di messaggi da parte delle famiglie dei ragazzi dislessici che dimostravano la falsità di quanto affermato, ma le smentite non servono a nulla, ormai l’articolo è fatto, ormai le persone l’avevano letto e l’obiettivo negazionista era stato raggiunto.
Successivamente i mezzi di comunicazione sono cambiati e quindi si cerca di sfruttare il web per far rimbalzare gli stessi articoli (omettendo le smentite degli stessi giornali).
Il trucco è semplice, ma è anche prevedibile e un giornalista scaltro può accorgersi che un affermazione come : “La dislessia non esiste” merita un minimo di verifica.

COME VIENE MASCHERATO IL MESSAGGIO

Il messaggio nudo e crudo è falso e se venisse divulgato così com’è tutti verrebbero stimolati a diffidare della sua veridicità e voler andare a controllare.
Come si può fare a far passare tale messaggio per vero ? semplice, basta evitare di dirlo apertamente limitandosi a suggerirlo attraverso un lungo discorso costituito da un 90% di verità condivise da tutti e un 10% di falsità che portano poi al reale messaggio.

COSA VIENE AFFERMATO

Il percorso è semplice, si parte da una affermazione:

Messaggio 1

“I medici ci vogliono tutti malati” : il che inserisce il primo messaggio: Non fidarti di chiunque ti faccia una diagnosi e di conseguenza non fidarti neanche di quello che c’è scritto nella diagnosi.

Messaggio 2

“La dislessia è una Malattia” : l’accostamento del termine dislessia a termini come malato,  sbagliato,  affetto da… ecc.. puntano a far credere alla popolazione che quel termine sia il nome di una malattia.
Tutti coloro che conoscono il tema della dislessia sanno che non si tratta di una malattia ma di una caratteristica dell’essere umano (così come è una caratteristica il mancinismo) e che la diagnosi di dislessia, la legge 170 sulla dislessia e i decreti relativi non parlano di malattia, perché non lo è questo basterebbe per far crollare il loro ragionamento, ma quando noi potremo smentirlo il messaggio sarà già divulgato in pieno stile negazionista.

Messaggio 3

Tuo figlio non è malato (vero) quindi non è dislessico (dislessia = malattia ) quindi …

A questo punto l’obbiettivo è già raggiunto e non serve dire altro se non descrivere le difficoltà tipiche della dislessia guardandosi però bene dal dire che si chiama dislessia ci si riferisce alle problematiche parlando direttamente di esse.

PERCHE’ FARE UNA COSA SIMILE?

Vi faccio un esempio ma userò il daltonismo al posto della dislessia per rendere i passaggi più chiari.

un Negazionista del daltonismo potrebbe esordire così:
– I medici ci vogliono tutti malati, ci sono un sacco di ragazzi che vengono definiti “Daltonici”, ma in realtà hanno solo un modo differente di vedere le cose e invece loro li devono etichettare, dirgli che sono malati,  sbagliati e che non potranno mai avere una vita normale;

  • e proseguire con una seconda fase dove parla di daltonismo senza però utilizzare il termine che vuole negare.
  • questi ragazzi sono belli, vivaci intelligenti e sanissimi, fanno solo fatica quando bisogna distinguere i colori. –

Da qui in poi arriva la parte più interessante perché viene detto che :

  • – IL DALTONISMO è una MALATTIA
  • – IL DALTONISMO non esiste
  • – Il ragazzo fa fatica con i colori

da questo punto in poi si lasciano i punti di sospensione su un discorso che verrà ripreso in altra sede

Il punto è semplice, alla difficoltà da affrontare viene suggerito un rimedio. Qui il negazionista, dopo aver convinto la persona che si rivolge a lui di quanto scritto sopra chiuderà il cerchio proponendogli il rimedio, il SUO rimedio.
e il gioco è fatto.

Se una persona di dicesse ho inventato un metodo nuovo (e magari costosissimo) per rispondere a un tuo bisogno tu prima di dargli retta andresti a documentarti e informarti.
Con il metodo negazionista è tutto più semplice perché egli parte appunto dal presupposto che tutte le persone esperte ti mentono e che quindi tu devi ascoltare e prendere per vero quello che ti dice lui.

SU COSA FANNO LEVA I NEGAZIONISTI :

Le strategie dei negazionisti per portare avanti il loro obiettivo : “Negare la dislessia” sono differenti e coinvolgono diversi ambiti.

INSEGNANTI : un insegnante che sente voci che dicono che la dislessia non esiste, le diagnosi sono fatte dai medici che ci vogliono tutti malati, unisce questa affermazione alle difficoltà che si hanno ogni giorno nel proprio mestiere ed è tentato da questo messaggio inconscio. “se i dislessici non sono dislessici allora perché devo fare tutta questa fatica per formarmi documentarmi, fare corsi … ”

COMPAGNI DI CLASSE E RELATIVE FAMIGLIE: un messaggio che i negazionisti passano è che il PDP e gli strumenti compensativi siano in realtà delle facilitazioni, una sorta di carta sconti sull’impegno scolastico
(in realtà dare uno strumento compensativo a un dislessico è come dare un paio di occhiali a uno che è miope, se tu gli togli gli occhiali lui sicuramente fa una inutile fatica bestiale, ma se li dai a uno che ci vede bene questo non ne ha giovamento, non è una carta vantaggi)
Questo unito al fatto che si afferma che i dislessici non sono dislessici porta a uno status di “ladro di carte vantaggi a tradimento”

Le famiglie dei compagni di classe sono indotte a vedere l’applicazione del PDP  (legge 170) come una ingiustizia da combattere.

Tutto questo porta alla crescita di situazioni ambientali sfavorevoli, disagio, discriminazione ed emarginazione.
Tutto ciò è provocato dalla perenne rivale della dislessia, la disinformazione.

LE FAMIGLIE DEI RAGAZZI DISLESSICI: il messaggio mandato alle famiglie è semplice ed è quello dello scarica barile.
“se tuo figlio fa fatica è perché qualcuno lo ha fatto diventare così, forse sono state quelle sciagurate delle maestre delle elementari che non sapevano insegnare” la diagnosi di dislessia arriva spesso quando sei all’inizio delle medie e quindi dare la “colpa” alle maestre elementari è cosa che può trovare il consenso anche dei professori delle medie “io ho tutta la buona volontà ma il ragazzo fa fatica per colpa delle maestre delle elementari, lo bocciamo e risolviamo il problema ”
Sappiamo tutti quanto sia spaesato un genitore che scopre da poco la dislessia del proprio figlio e di come si senta impreparato davanti a una tematica che probabilmente non conosce bene e come noi lo sanno bene anche i negazionisti.

I DISLESSICI: un ragazzo in fase adolescenziale vuole essere come gli altri vuole vestirsi come gli altri solo per essere accettato dal gruppo e essere diverso viene percepito da lui come un possibile motivo per essere allontanato o emarginato.
“Voglio essere come tutti gli altri”
indubbiamente anche questo è un punto su cui possono far leva i negazionisti.
Anche io ho affrontato quella fase per poi crescere e imparare a valorizzare le differenze all’interno del gruppo di amici (siamo tutti diversi e essere diversi fa di noi una squadra, una squadra di uguali ha o troppi attaccanti o troppi portieri )

INFORMAZIONE

La più grande arma contro la disinformazione è l’informazione, aiutiamo e aiutiamoci a fare in modo che tutti possano conoscere cos’è la dislessia

un abbraccio a tutti.

fonte: Giacomo Cutrera