Nelle normative non è scritto da nessuna parte che le mappe debbano essere approvate dai docenti per essere poi usate in verifica (o agli esami finali di fine ciclo), ma non c’è scritto neanche che questa procedura non si possa fare.
Il DM 5669 del 12 luglio 2011 all’art. 4 comma 4 dice:
«Le Istituzioni scolastiche assicurano l’impiego degli opportuni strumenti compensativi, curando particolarmente l’acquisizione, da parte dell’alunno e dello studente, con DSA delle competenze per un efficiente utilizzo degli stessi. » ciò significa che, se un insegnante ritiene che le mappe non siano fatte bene (per un qualsiasi motivo), deve insegnare allo studente a farle correttamente, ovviamente sempre tenendo presente il suo profilo di funzionamento (dell’allievo non del docente, questa cosa spesso viene fraintesa) ma non solo, deve anche insegnare ad usarle, non può certo limitarsi a vietarle.
ATTENZIONE: Fare delle mappe funzionali non è un’abilità che si acquisisce in poco tempo, nell’attesa che lo studente impari a farle (trovando una via di accomodamento fra come gli servono e come il docente le vorrebbe), non si può lasciare lo studente senza strumenti durante le verifiche, quindi si dovrà decidere come procedere nell’attesa che questa competenza venga appresa e scrivere questa strategia nel PDP e non abbandonare lo studente in “balia della sua caratteristica” (lasciarlo senza strumento).
Molti insegnanti chiedono che le mappe contengano solo le parole chiave (4 parole in croce per un capitolo di magari di 40 pagine), ma nei casi in cui la memoria di lavoro sia carente , nei casi in cui c’è una problematica di linguaggio (nelle verifiche orali), o altre difficoltà comprovate da certificazione, nonostante lo studio, lo studente non riuscirà mai ha dimostrare quello che sa e sa fare con mappe così stringate, ecco perchè come già detto, le mappe devono essere fatte sul profilo di funzionamento del ragazzo e nessuno meglio di lui sa cosa gli serve.
Sarebbe come togliere gli occhiali a un miope.
SI RICORDA CHE:
Dalle Linee Guida per i DSA del 2011 allegate al DM 5669/11 (DECRETO ATTUATIVO LEGGE 170/10)
- a pag. 18: raccomandano l’uso di mappe: «Si raccomanda, inoltre, l’impiego di mappe concettuali, di schemi, e di altri mediatori didattici che possono sia facilitare la comprensione sia supportare la memorizzazione e/o il recupero delle informazioni»
- a pag 7: «sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo», ciò significa che le mappe non sono facilitatori
Ma attenzione, questi mediatori didattici non devono essere riassunti camuffati da mappe.
Non si aspetta il momento della verifica e negare l’uso di uno strumento previsto dalla legge e dal PDP.
Negare l’uso di uno strumento previsto nel PDP è un’inadempienza, che potrà poi essere contestata dalla famiglia, con richiesta di annullamento del voto.
Sempre dalla linee guida allegate al DM 5669/11 a pag 21 si legge:
«non realizzare le attività didattiche personalizzate e individualizzate, non utilizzare gli strumenti compensativi, disapplicare le misure dispensative, collocano l’alunno e lo studente in questione in uno stato di immediata inferiorità rispetto alle prestazioni richieste a scuola, e non per assenza di “buona volontà”, ma per una problematica che lo trascende oggettivamente: il disturbo specifico di apprendimento.
Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni, oltre a non avere rilevanza sul piano dell’apprendimento – come la lettura ad alta voce in classe – evita la frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà.»
Negare l’ausilio di strumenti compensativi e di forme di verifica convenientemente programmate, concordate ed adeguate, non solo si configura come un’ inosservanza al PDP e alla normativa nazionale sui disturbi specifici dell’apprendimento, ma rappresenta un vero e proprio caso di discriminazione indiretta previsto e sanzionato dalla legge Legge 67/06 art 2 comma 3:
“Si ha una discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”
[il termine disabilità riferito alle difficoltà di apprendimento ha uno scopo etico di protezione sociale: è utile quando viene utilizzato per rivendicare un diritto a Pari Opportunità nell'Istruzione. Quella della disabilità è, infatti, una relazione sociale, non una condizione soggettiva della persona (dal sito del MIUR panel di aggiornamento e di revisione della Consensus Conference pag 22)].